«Gigino contro la Bce»: non è il titolo di un film trash tipo «Tarzan contro Maciste», ma un nuovo episodio della guerra asimmetrica dichiarata dai governanti italiani contro l'Europa e le regole comunitarie. Ora nel mirino c'è Mario Draghi, il capo della Banca centrale europea che si è permesso di segnalare i gravi rischi che corre il sistema bancario italiano senza una correzione di rotta sulla manovra, e per questo bollato in pratica come anti-italiano da Di Maio: «Siamo in un momento in cui bisogna rifare l'Italia e mi meraviglia che un italiano, che è stato un punto di riferimento per anni a capo della Bce, si metta ad avvelenare il clima ulteriormente».
Nel mondo alla rovescia del ministro dello Sviluppo economico (fa sobbalzare, ma è uno dei titoli di Di Maio), ad «avvelenare il clima» non sono gli insulti, le provocazioni e le scarpate che arrivano dall'Italia, insieme ai conti che non tornano della manovra, ma è Draghi e chi, come lui, richiama l'Italia al rispetto delle regole liberamente sottoscritte e della realtà dei numeri. Ma Di Maio è convinto che siano tutti gli altri ad andare contromano in autostrada: «Stiamo provando a fare qualcosa mai fatta prima», proclama, «togliamo a banche e assicurazioni per dare ai cittadini, che non hanno avuto mai nulla. Stiamo mantenendo le promesse e non torniamo indietro». Draghi rifiuta di rispondere agli insulti: «Non faccio commenti». Ma dal suo entourage trapela una replica indiretta al bislacco appello di Di Maio alla «italianità» che dovrebbe spingere il presidente della Bce ad usare un occhio di riguardo per il nostro paese: non è che Draghi «non vuole», il fatto è che anche volendo «non potrebbe proprio» usare un metro diverso per l'Italia per il sol fatto di essere italiano, visto il ruolo che ricopre.
Ma è proprio dalla maggioranza che si leva una voce in difesa di Draghi, che secondo il sottosegretario leghista Edoardo Rixi «ha gestito bene la Bce». Subito contraddetto dal falco leghista Bagnai, che bolla come «improprio» l'intervento di Draghi. Mentre dalle opposizioni, Forza Italia e Pd in testa, arriva un coro di «giù le mani da Draghi». Attaccarlo in quel modo scomposto, sottolinea Antonio Tajani, «è da irresponsabili: significa lanciare un altro messaggio negativo a borse e investitori».
Intanto a Bruxelles si prepara la riunione dei ministri finanziari dell'Eurogruppo di lunedì, quando Tria e la sua manovra saranno sul banco degli imputati: i 18 paesi Ue (tolta l'Italia) danno «pieno sostegno» alla bocciatura e alle richieste di modifica della Commissione. E lunedì, spiega uno degli sherpa, non si metteranno sotto esame solo i saldi fuori linea della manovra, ma anche i «contenuti», per analizzarne l'impatto sui conti pubblici. «La discussione sarà civile, e i ministri terranno le scarpe dove devono stare», ironizza una fonte riferendosi alla sceneggiata del leghista Ciocca. A proposito del quale il commissario Moscovici manda un «grazie di cuore» alle molte migliaia di italiani che via social gli hanno manifestato solidarietà: «In democrazia la violenza, seppur simbolica, non è tollerabile», dice.
E spiega che si continuerà a «dialogare costruttivamente» col ministro Tria per correggere la manovra italiana: «Il nostro ruolo non è di creare crisi, ma di evitarle. E faremo di tutto per evitare i rischi». E se l'Italia rifiutasse di sentire ragioni, «esploreremo altre vie per ridurre il debito pubblico», è l'avvertimento.
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