Il decreto Sicurezza, fiore all'occhiello della Lega, dovrebbe arrivare lunedì nell'aula del Senato. E Matteo Salvini ostenta tranquillità: «Sta viaggiando spedito in commissione: siamo al trentesimo articolo, il decreto va in porto», assicura. Aggiungendo che sono i soliti giornalisti «che inventano polemiche dove non ci sono con i Cinque stelle».
L'atteggiamento del leader della Lega è comprensibile: i numeri per il «suo» decreto, alla fine, ci saranno comunque, anche grazie a possibili apporti dell'opposizione, a cominciare da Fratelli d'Italia, che senza fiducia arriveranno, e grazie ai peones grillini «puniti» per gli imbrogli sui rimborsi e ora risiedenti nel Misto. Mentre i guai, come al solito, stanno tutti in casa di Luigi Di Maio, e a lui ovviamente la cosa non dispiace.
I grillini, invece, sono sull'orlo della crisi di nervi, come testimoniato dal surreale proclama (per metà creato col copia-incolla da Wikipedia) del vicepremier casaleggese sulla «testuggine romana», emesso lunedì per tentare di spaventare le truppe. Eppure non è bastato per far rientrare malumori e guerriglie di corrente. Al punto che l'assemblea dei gruppi convocata per ieri sera da Di Maio è saltata: troppi i fronti aperti (Tap, Tav, decreto sicurezza e anche il condono per Ischia fortissimamente voluto dal vicepremier campano e inopinatamente infilato nel decreto Genova), troppe le minacce di diserzione: «Io non ci vado, e voterò contro il decreto anche se mettessero la fiducia», aveva annunciato la senatrice Paola Nugnes. Seguita a ruota dal collega Mattia Mantero: «Il decreto sicurezza? Io non lo voterò, se votare contro o non votarlo lo deciderò la notte prima, al momento sono più per non votarlo. Anche se ci fosse la fiducia». Critici anche De Falco e la Fattori, che in una requisitoria via social condanna tutti i «tradimenti» del partito di Di Maio, finito in bocca a Salvini. Col rischio che gli elettori «ci vengano a prendere coi forconi». E i malpancisti sarebbero di più: «Ci sono almeno dieci senatori M5s che hanno fondati dubbi sul decreto sicurezza», dice il presidente dei senatori Pd Andrea Marcucci. Numeri che, in caso di fiducia, metterebbero a rischio il blocco gialloverde, che in Senato ha solo 6 voti di margine rispetto alla maggioranza assoluta. Il capogruppo M5s al Senato Patuanelli minaccia espulsioni per chi dissente, ma la «testuggine romana» sembra ormai il proverbiale esercito di íFranceschiello.
I «dissidenti» grillini venuti allo scoperto sono solo quattro, ma il timore è che possano essere la punta dell'iceberg di una fronda molto più vasta, pronta a coagulare i mal di pancia interni contro la gestione Di Maio e a materializzarsi, più avanti, con esiti imprevedibili. Il vero terrore dei vertici del partito grillino non sono tanto gli odierni attacchi dei fan interni di Fico o Di Battista, che criticano l'attuale gestione per logorare il vicepremier di Pomigliano. Ma quel gruppone silenzioso, costituito soprattutto da parlamentari di seconda legislatura, che quindi non verrebbero ricandidati e non hanno nulla da perdere, che potrebbero diventare la massa di manovra di una nuova maggioranza.
Se con le Europee la Lega si rafforzasse e il M5s si indebolisse, è il timore che circola alla Casaleggio e dintorni, Salvini potrebbe essere fortemente tentato di liberarsi di insipienti alleati che stanno mettendo tutti i ceti produttivi d'Italia contro il governo. E fare un più solido governo di centrodestra, con l'apporto di una ventina di «responsabili» ex grillini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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