Politica

Di Maio scivola sul sesso in tv

Sempre pericoloso per un politico avventurarsi nel tema della sessualità. È un argomento che sui social può essere maneggiato come meme e fotomontaggi pornografici, ma se affrontato di persona fa sempre un certo effetto

Di Maio scivola sul sesso in tv

Sempre pericoloso per un politico avventurarsi nel tema della sessualità. È un argomento che sui social può essere maneggiato come meme e fotomontaggi pornografici, ma se affrontato di persona fa sempre un certo effetto. Soprattutto in uno studio televisivo. Luigi Di Maio si aspetta la solita domanda insidiosa sulla vacanza in Salento con i talebani alle porte di Kabul, e si ritrova incalzato sulla questione gay. È un misto di politicamente corretto e di umano imbarazzo il siparietto tra Lilli Gruber e il ministro degli Esteri a Otto e mezzo su La7.

Tutto nasce dalla freschissima autobiografia del grillino, dal titolo Un amore chiamato politica. La mia storia e tutto quello che ancora non sapete, quasi una parodia di un film anni '70 di Lina Wertmüller. Tra tante storie interessanti che Luigino poteva rivelare, si accontenta di una modesta lamentela sul fatto che nel 2018 qualcuno fece circolare la voce che fosse omosessuale. Avrebbe potuto raccontare retroscena più interessanti dal suo osservatorio privilegiato, tanto per cominciare i risvolti ancora oscuri dell'ascesa politica di Giuseppe Conte, che proprio quell'anno da perfetto sconosciuto gli soffiò la poltrona di presidente del Consiglio. Sarebbe veramente fantascienza pensare che l'allora leader grillino fu fatto fuori per i gusti sessuali che gli venivano attribuiti.

E quindi resta quella annotazione che, invece di insaporire la precoce autobiografia di un giovane politico di 35 anni, fa partire il frullatore del gossip patinato. Di Maio precisa che non è omosessuale e tutti sanno che ha una bella fidanzata, Virginia Saba, che a sua volta ha già descritto pubblicamente il loro colpo di fulmine durante un pranzo elettorale in Sardegna. Così il ministro, tutt'altro che incolpevole, si è ritrovato a rendere conto alla Gruber: non di quelle manovre, ma su come ha osato riportarle. Con la disavventura mediatica di ritrovarsi bersaglio della bonaria indignazione della conduttrice, incredula che l'uomo di governo possa considerare «un discredito» l'accostamento all'omosessualità. «Anche a me hanno detto che sono lesbica, non ho sentito il bisogno di ribattere o affermare se lo sono e meno» gli ha impartito la lezioncina con il lapis rosso. Alla fine Di Maio, avvampato dal fanciullesco rossore di chi evoca temi scabrosi, ha dovuto ribadire che non era toccato dalle illazioni, ma anzi amareggiato per la deriva di una politica che «può utilizzare temi che hanno una loro dignità per offendere il proprio oppositore».

Morale della favola. L'autobiografia è quello che è se questi sarebbero i grandi retroscena rivelati, ma lasciamolo decidere a chi andrà ad acquistarla in libreria. E nel personalissimo bilancio del capo della Farnesina, valuti lui serenamente se lo ha scocciato di più farsi dare del gay dagli avversari o dell'omofobo fuori dal tempo in un salottino tv radical chic.

Con noi, sugli affari suoi, non è obbligato a rispondere.

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