Di Maio continua a giocare a carte coperte sull'Ilva. Ma nella partita (più elettorale che industriale) che si sta giocando su Taranto rilancia con l'unico potenziale asso nella manica: l'annullamento della gara che ha attribuito la vendita dell'Ilva ad Arcelor Mittal non è ancora escluso. Il ministro dello Sviluppo economico ha, infatti, precisato che «per annullarla non basta che ci sia l'illegittimità, ci vuole anche un altro semaforo che si deve accendere, quello dell'interesse pubblico, e lo stiamo ancora verificando». Dichiarazioni che, con la trattativa in pieno caos, suonano come un appello in modo che qualche cavaliere gialloverde si faccia avanti. Ma anche come una minaccia ad Arcelor affinché ceda su un accordo migliorativo dal punto di vista occupazionale. Nel frattempo, la trattativa dovrebbe andare avanti come nulla fosse e rivolgendosi ai sindacati Di Maio ha ribadito che «il tavolo deve procedere. Se i sindacati non ci vanno, è una responsabilità che si assumono loro», ha aggiunto, riferendosi in particolare allo scetticismo di Marco Bentivogli, segretario della Fim Cisl che ieri in un tweet ha accusato Di Maio di aver bloccato la trattativa a causa del suo «atteggiamento ondivago».
«Vanno risolte le ambiguità. La gara è valida, l'interlocutore è serio, pensiamo al bene dell'azienda», ha aggiunto ieri il segretario della Cisl, Anna Maria Furlan. Invito analogo è arrivato, poi, dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia: «Mi sembra che l'Avvocatura di Stato dica che la gara non sia annullabile: si prenda atto, si entri nella negoziazione, si chiudano gli ultimi punti e si parta quanto prima».
Ma le parti sembrano sempre più distanti. Inoltre, Di Maio è tornato all'attacco del precedente governo: «Stiamo mettendo pezze alla follia del precedente governo, che ci dovrebbe ringraziare non fosse troppo occupato a nascondersi», ha scritto in un tweet dopo aver annunciato che il parere dell'Avvocatura sarà pubblicato dal 7 settembre in poi poiché non è ostensibile: «Significa - ha chiarito - che durante la procedura di accertamento della legalità non lo posso pubblicare, se no vizio la procedura».
Intanto, sul fronte industriale, e a bocce apparentemente ferme, ieri è arrivata l'importante disponibilità della Bei (Banca europea investimenti) ad esserci per l'Ilva: «Taranto è il secondo datore di lavoro del Sud dopo lo Stato e la nostra istituzione è nata pensando al Mezzogiorno, per ragioni etiche, morali e storiche non possiamo mancare la partita», ha detto Dario Scannapieco, vicepresidente della Bei spiegando che prima però «bisogna vedere come va a finire la questione». Un'apertura che insieme alla disponibilità già dichiarata di Invitalia potrebbe andare a comporre il fantomatico «piano B» paventato da Di Maio e prefigurare una nuova Ilva a trazione pubblica.
Non a caso, ieri Di Maio ha ribadito: «Stiamo perseguendo con ogni sforzo l'interesse pubblico. Lo Stato sta tornando a fare lo Stato attraverso un modus operandi molto semplice: prima le persone, prima la verità, prima la legalità, poi tutto il resto».
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