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Mani in tasca durante l'Inno Lo stile Fico ora fa inorridire

Il presidente della Camera allude al sindaco Orlando: «Meglio della mano sul cuore dei traditori dello Stato»

Mani in tasca durante l'Inno Lo stile Fico ora fa inorridire

Lemani in tasca, come uno sfaccendato, giacca sbottonata e sguardo assente. Alle sgrammaticature istituzionali dei grillini non ci si abitua mai. Ma stavolta il presidente della Camera Roberto Fico - già nel tritacarne per il caso della colf in nero scoperchiato dalle Iene - si è superato.

Non bastava l'oltraggio al picchetto d'onore del Quirinale all'inizio del suo mandato, quando Fico è sfilato di fronte al presentat'arm con la giacca sbottonata e un giaccone sportivo. «Un errore di inesperienza», fu all'unisono il solito triste mantra grillino. Stesso identico copione dopo il colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante le prime consultazioni, quando Fico si presentò con la giacca aperta mentre i corazzieri in alta uniforme lo salutavano militarmente. Errare è umano, perseverare evidentemente è grillino.

Eppure stavolta Fico l'ha fatta grossa: durante l'inno di Mameli in memoria del giudice Giovanni Falcone è rimasto fermo con le mani in tasca (e la solita giacca aperta...) mentre intorno a lui le autorità tributavano il giusto omaggio al magistrato ucciso dalla mafia 26 anni fa. Chi con la mano sul cuore come il sindaco di Palermo Leoluca Orlando - che pure di Falcone fu nemico dichiarato - chi con il saluto militare, chi con una rispettosa postura come il procuratore nazionale antimafia. L'ex ministro della Difesa Ignazio La Russa pretende le sue dimissioni: «Prendesse l'autobus e lasciasse la presidenza della Camera con le mani dove preferisce lui». Fico si difende e allude proprio a Orlando («Meglio le mani in tasca che la mano sul cuore dei traditori») ma nell'immagine il suo linguaggio del corpo era inequivocabilmente sprezzante. Con la faccia di uno che dice «che ci faccio qui?».

Gli esperti spiegano che tenere entrambe le mani in tasca indica una persona poco limpida, che non vuole svelarsi. Ed è soprattutto un segnale di noia. Ma annoiarsi mentre si ricorda un uomo dello Stato che è morto per cercare la verità, prima ancora che un oltraggio, è un regalo alle mafie. Perché significa mancare di rispetto non solo alle istituzioni che forse si fa fatica a rappresentare ma soprattutto alla lotta alle mafie e alla criminalità organizzata, di cui i Cinque Stelle dovrebbero essere baluardo, a maggior ragione vista la messe di voti che hanno raccolto al Sud. Tenere le mani in tasca è anche sintomo di fannulloneria e di menefreghismo, atteggiamento tipico del Sud assistenzialista che sa solo lamentarsi e che preferisce tacere di fronte allo strapotere della criminalità.

E dire che sulle mafie qualche sbandata il presidente Fico l'aveva già fatta. Quando il sindaco M5s di Quarto Rosa Capuozzo (protegé di Fico) finì nei guai per i sospetti di infiltrazione della camorra e che l'allora presidente di vigilanza Rai, fu persino ascoltato dai magistrati. Le cronache di allora ricordano che entrambi rimasero in silenzio fino all'esplosione mediatica della storia e che Fico fu «massacrato» dai suoi per aver «mentito» al Movimento. Stavolta è stato il linguaggio del corpo a parlare per lui.

Twitter: @felfauman

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