Roma - La Commissione europea ritiene «fondamentale» che l'Italia si attenga «ai target fiscali, di riduzione del deficit e del debito». Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, in un'intervista rilasciata ieri al Tg5, ha ribadito che «è importantissimo che il Paese migliori strutturalmente il suo budget dello 0,3% del Pil», ma che «le valutazioni saranno effettuate all'inizio del prossimo semestre, il governo attualmente in carica per la gestione corrente presenterà un Def fondato su uno scenario politico immutato, mentre il nuovo esecutivo potrà preparare un nuovo approccio». Si tratta dell'ultimo avvertimento in ordine di tempo che giunge dalla Commissione europea nei nostri confronti: ulteriori deviazioni dal sentiero di riduzione del deficit e del debito non saranno tollerate.
È un pesante caveat sule politiche che il Movimento 5 stelle e la Lega vorrebbero mettere in campo in un futuribile esecutivo. Fonti del ministero dell'Economia hanno cercato di smussare la consueta durezza del falco lettone ricordando che si tratta della stessa correzione «programmata con la legge di Bilancio 2018, come si evince dalla Nota di aggiornamento al Def dello scorso settembre». Peccato che di quello 0,3% la Commissione Ue riconosca solo uno 0,1% e dallo scorso novembre abbia chiesto una manovra correttiva di due decimi di punto di Pil, pari a 3,5 miliardi.
Vale la pena, perciò, ricordare ancora una volta le risorse che qualunque governo (incluso l'attuale se dovesse restare in carica ulteriormente) dovrà mettere in campo con la legge di Bilancio 2019 se non vorrà incorrere negli strali di Bruxelles. Ordunque servono 12,4 miliardi per azzerare le clausole di salvaguardia su Iva e accise per l'anno prossimo (altrimenti le aliquote Iva passerebbero all'11,5 e al 25,4%). A questo va aggiunti i 3,5 miliardi di correzione già chiesta e i circa 12 miliardi (0,7% del Pil) per assicurarsi che dal deficit/Pil atteso all'1,6% si riesca a scendere allo 0,9% programmato. Tale cifra potrebbe scendere allo 0,6% del Pil se la Ue si accontentasse della sola correzione del deficit strutturale (cioè al netto del ciclo macroeconomico e delle spese e delle entrate una tantum). Ultimi ma non meno importanti gli oltre 5 miliardi di spese indifferibili (oltre 2,5 miliardi sia per i rinnovi contrattuali della pa sia per le spese indifferibili tra cui le missioni all'estero).
La somma aritmetica è di circa 33 miliardi, ma potrebbe raddoppiare se si seguisse l'esempio dell'ex commissario alla spending review, Carlo Cottarelli. «L'Italia dovrebbe aumentare l'avanzo primario dal 2 al 4% del Pil», ha dichiarato in un'intervista al Sole 24 Ore. In pratica, se il saldo tra entrate e uscite dello Stato prima della spesa per interessi si mantenesse sui 68 miliardi di euro l'anno anziché gli attuali 34, non ci sarebbe bisogno di andare a contrattare ogni sei mesi la flessibilità dalla Commissione Ue. Se, quindi, l'Italia varasse una manovra da oltre 65 miliardi, non ci sarebbe bisogno di sentirsi sempre sotto tiro da parte di Bruxelles (che ha sempre apprezzato le idee di Cottarelli), tanto più che i saldi si possono migliorare non solo con più tasse ma anche con meno spese.
Il rigore di Dombrovskis, però, è stato già
aspramente criticato da Matteo Salvini su Facebook. «Se l'Ue chiederà ancora sacrifici, precarietà e tagli, la risposta del governo Salvini sarà 'No grazie'. Prima il benessere degli italiani, poi le regole europee», ha scritto.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.