“Il manuale Cencelli è stato applicato alla lettera”. Parola dell’artefice del vademecum che da decenni rappresenta la bibbia per chi deve decidere come spartire nomine e poltrone, proprio lui Massimiliano Cencelli, un democristiano doc. “Questa volta non me l’aspettavo, le premesse erano altre; ma anche Draghi si è attenuto in maniera precisa al sistema”.
Cencelli lo chiama così: “il sistema”. Quando è nato?
"Nel 1968. Discutevamo ormai da ore su come assegnare i ministeri, quando a un certo punto, per risolvere lo stallo, dissi: scusate, facciamo finta di essere una società per azioni. Chi ha il 12% di seggi in Parlamento, otterrà il 12% delle nomine e così via… questo metodo mise subito tutti d’accordo".
Prima di quel momento quindi non si faceva così?
"Ma si immagini se Alcide De Gasperi poteva mai attuare una lottizzazione del potere di questo tipo".
E dopo chi è stato il più bravo a praticare il manuale?
"Senza dubbio Andreotti, un fenomeno".
Draghi come Andreotti quindi?
"Non scherziamo, la Democrazia Cristiana non esiste più".
Il “sistema” però continua ad esistere…
"Certo, perché è il modo migliore per tenere tutti buoni. Soprattutto in questo momento, ma d’altronde con questa classe dirigente non si poteva fare altrimenti".
È rimasto comunque deluso. Si aspettava qualcosa in più?
"Sì, mi aspettavo da parte di Draghi una maggiore autonomia. Non ha inserito nella squadra i leader di partito, ma ha riesumato politici navigati che erano ormai nel dimenticatoio".
Ci sono però anche molti tecnici…
"Sì, ma anche questa scelta fa parte della spartizione. Intendiamoci però, considero Draghi un uomo molto capace. Deve solo sorridere di più".
E allora?
"Viste proprio le capacità di Draghi, mi aspettavo qualcosa in più. Evidentemente il detto romano vale sempre: meglio comandare che fottere".
I partiti però avevano
"Mah, non so quello che è successo durante le consultazioni a Montecitorio. Io vedo qual è il risultato. E il risultato è che il manuale Cencelli ha vinto ancora".
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