I gilet gialli rifiutano l'offerta e vanno avanti. Nonostante lo stop all'aumento dei prezzi di carburanti, gas e luce, le proteste contro il governo proseguono. C'è un grido, inascoltato dall'Eliseo, che proviene ora anche dalla Confindustria francese: dare maggior sostegno al sistema economico, sociale e produttivo del Paese. Finché non sarà il capo dello Stato in persona a parlare ai cittadini, così come fece da candidato, nulla sarà più come prima e la calma non tornerà. Confermata infatti la manifestazione di sabato.
L'annuncio di una moratoria di sei mesi sui rincari è arrivato dal premier francese Edouard Philippe, incaricato di gestire la crisi dal presidente che ieri, per la prima volta, ha incontrato all'Eliseo il gilet giallo Patrick de Perglas, detto Gepy. L'apertura arriva, ma per il movimento che paralizza la Francia da tre settimane si rivela un buco nell'acqua. «Vogliamo gli stati generali della fiscalità e la rivalutazione degli stipendi, oltre a un vero elettroshock politico sulla rappresentatività dei cittadini», dice uno dei portavoce moderati, Benjamin Cauchy.
I rincari sono il casus belli della rivolta, che il governo non ha preso in considerazione a tempo debito riversando la Francia rurale - ma non soltanto - nelle strade di Parigi e nelle principali arterie francesi, con un danno economico tra 2 e 6 miliardi da inizio crisi. Non bastano le parole: «Nessuna tassa merita di mettere in pericolo l'unità della nazione», la conciliazione del premier. «Bisognerebbe essere sordi o ciechi per non vedere e non sentire». Ma il coro delle opposizioni è unanime: decisione tardiva e non risolutiva. Perché non ci avete ascoltato subito? Cosa è cambiato?, dicono i gilet sostenuti da Marine Le Pen: «Una moratoria si traduce in un semplice rinvio che non è all'altezza delle attese e della precarietà», spiega la leader del Rassemblement National. Tre sono le misure immediate. Poi sarà ricorso forzato a un metodo tradizionale, completamente nuovo per Macron: la concertazione, il vero cambiamento scaturito dalla rivolta. Dal 15 dicembre al 1° marzo.
Costringere il presidente a cedere, pur senza metterci la faccia, è già un successo. La concertazione fu negata ai ferrotranvieri nonostante il loro sciopero a oltranza nei mesi scorsi; ai sindacati che a inizio anno discutevano la revisione dei contratti; agli studenti. Cosa è cambiato, allora? C'è chi sostiene che le istanze dei gilet siano state accolte, seppure parzialmente, per merito dei casseur che sabato hanno messo a ferro e fuoco Parigi. Senza quella guerriglia urbana, forse il governo non avrebbe ceduto.
Oggi comincia il dibattito in Assemblea nazionale. La strategia del governo sarà rimessa al voto dell'aula e qualche rischio c'è. Alcuni marcheur nei giorni scorsi sono andati a trovare gruppi di gilet nelle periferie. Tre settimane fa gridavano Bravo! a Emmanuel Macron e alla sua volontà di «non cambiare rotta sui rincari». Ieri hanno applaudito il contrario: il congelamento degli aumenti. Poi comincerà la discussione territoriale con tutti i settori della società, ma la transizione ecologica non è in discussione. Ecco perché i gilet non mollano.
«Soluzioni differenti nelle grandi città e nelle campagne, per accompagnare meglio i francesi in questa transizione». Un «imperativo» per il premier. Philippe teme nuovi scontri: «Se sabato si sarà un'altra manifestazione si dovrà svolgere con calma». La partita tra Paris Saint Germain e Montpellier è stata rinviata a domenica per ragioni di sicurezza.
Nel resto della Francia, cresce la collera degli studenti che solidarizzano con i gilet. Ieri un liceo è stato parzialmente incendiato vicino a Tolosa. Quasi 300 gli istituti occupati. Forze dell'ordine allo stremo e polizia di frontiera che si è tolta i caschi di protezione tra gli applausi dei gilet.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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