«Israele non è un Paese europeo, credo che anche Israele accetti di dirlo e di pensarlo. Sono contro la doppia nazionalità extra-europea». Nessuno scrupolo da parte di Marine Le Pen nel chiarire la sua posizione sulla doppia nazionalità degli ebrei francesi. Una domanda che la giornalista Léa Salamé (accusata via Twitter di antisemitismo e superficialità) rivolge alla leader del Front National impegnata dal 2011 a far dimenticare le derive antisemite del padre. In diretta tv, su France 2, a 10 settimane dal voto che la vede ancora in vantaggio sugli altri candidati col 26% al primo turno, qualcosa potrebbe cambiare. La giornalista chiede: «Gli ebrei francesi dovranno rinunciare alla doppia nazionalità?». «Loro come gli altri risponde senza mezzi termini non è agli ebrei, ma agli israeliani che chiedo di scegliere la propria nazionalità». Quindi non sarà più possibile avere un altro passaporto di un Paese extra Ue?, insiste la giornalista. La legge riguarderà anche i cittadini con seconda nazionalità Usa, ma non i passaporti russi, chiarisce Le Pen, perché anche se non è un membro dell'Ue la Russia fa «parte dell'Europa delle nazioni». Distinguo che viaggiano sul confine labile tra partito legittimo, egualitario e anti-repubblicano.
Immediata la reazione. «Qualita», organizzazione francofona in Israele, denuncia il proposito di vietare la doppia nazionalità. E Marine non si fa scrupoli nel chiarire che se fosse scelta per l'Eliseo, potrebbero essere applicate anche in Francia alcune idee di Donald Trump, a partire dal famigerato «Muslim Ban». A Emission politique spiega che una misura simile potrebbe esserci, seppur temporanea: «La domanda che mi può fare è: fa parte dei suoi progetti? No. Ma se domani, eletta presidente, i Servizi venissero a dirmi che è previsto un attentato da parte di residenti di alcuni Paesi che arriveranno in Francia, allora assicurerò la sicurezza dei francesi».
A far discutere, anche il suggerimento agli ebrei di Francia di non indossare la kippah «in pubblico», perché potrebbe esporli ad aggressioni. Sarebbe «uno sforzo unanime» per combattere l'estremismo islamico, che «richiede sacrifici da parte di tutti». Parole che hanno incendiato i social network e rimesso al centro del dibattito un grosso punto interrogativo sul rinnovamento culturale del Front National. La normalizzazione portata avanti da BleuMarine che non ha mai convinto pienamente Israele. Gli eccessi xenofobi della destra identitaria francese sembrano addolciti, ma i propositi di papà Jean-Marie aleggiano come fantasmi a ogni dichiarazione di Marine. Pur lontana dalle idee negazioniste del fondatore, che definì le camere a gas un «dettaglio», poi cambiò versione, Le Pen figlia riaccende un dibattito che sembrava chiuso nell'agosto 2014, quando si espresse in sostegno della Ligue de défense juive: «Se esiste, significa che un gran numero di ebrei si sente in pericolo. Sentono che in Francia si sta affermando un nuovo antisemitismo». Il portavoce della Ligue disse allora a Le Monde che il Front National non era più un pericolo per gli ebrei di Francia. «La comunità ebraica, vent'anni fa, era trincerata contro il Fn. Oggi le aggressioni non sono più opera di persone vicine al Fn».
Insiste, Le Pen. Sul solco del lavoro e dell'immigrazione: «Priorità ai francesi nell'occupazione».
Come Trump, vuole punire le aziende che vanno all'estero lanciando una tassa sui prodotti realizzati fuori dai confini e venduti in Francia: «Farò la stessa cosa di Trump che è riuscito a ottenere la rilocalizzazione di molte imprese. Spiegherò a queste aziende che se non costruiranno le loro automobili in Francia, quando le importeranno dovranno pagare una tassa di dogana».
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