Dire e non dire, barcamenarsi per il bene della squadra. Alla lega Nord c'è l'allenatore capace di tenere unito lo spogliatoio. Anche a costo di usare lo scotch. Tra Matteo Salvini e Roberto Maroni, le due facce della Lega, il mister è quest'ultimo. Diplomatico, capace nel ricucire rapporti, aperto a tutte le esperienze. Non al burka. L'impressione è che in questo momento non ci si spazio per una resa dei conti. Ne rimarranno due. E allora via ad equilibrismi degni di nota. In un'intervista fiume al Corriere della Sera Maroni formalizza la linea governativa in appoggio ad Alfano, Parisi e Mattarella, boicottando di fatto l'universo mondo di Salvini. Allo stesso tempo, conferma la fiducia all'indiscusso leader. Come dire: tu vai pure in tv che i rapporti col governo li tengo io. E annuncia di volersi ricandidare nel 2018 a governatore.
«Nella Lega Nord non ci sono frizioni - annuncia Maroni - Ci possono essere opinioni diverse, questo sì, ma d'altra parte non siamo il Pd che reprime il dissenso interno. Da noi è sempre stato così, la Lega di lotta, la sua, e quella di governo. Lui resta il leader indiscusso».
Perfetto. Ma su Mattarella c'è da mettersi d'accordo. Per Salvini resta «uno che aiuta gli scafisti e mette a repentaglio la sicurezza del Paese», insomma un problema. Per Maroni è un innovatore. Figuriamoci. «Ho ascoltato attentamente il discorso del presidente - continua Maroni- Ha parlato della necessità di bloccare le emigrazioni alla partenza. Mi è sembrato che contenesse una critica alle inefficienze della Ue e del governo nella gestione degli arrivi. Per questo il suo discorso a Rimini a me è parso innovativo».
Si arriva al nodo Parisi, quello cruciale, quello delle alleanze future. E anche qui, mondi separati. Salvini non ne vuol parlare, gli dà del carneade. Maroni spalanca la porta all'ex manager di Chili Tv, appoggiato dalla fresca uscita di Umberto Bossi («Per cambiare Forza Italia lui va bene, vediamo il programma e, in caso, ci si allea»). «La proposta di un'assemblea costituente formulata da Parisi mi convince - dice Maroni- Credo che dovremmo lanciare un'assemblea costituente della futura Europa dei popoli e delle regioni. Renzi, Merkel e Hollande si ritrovano ora a Ventotene, ignorando che gli obiettivi fissati da Altiero Spinelli e dal suo manifesto sono stati raggiunti. Il punto è che quel modello non ha funzionato, bisogna allora riscrivere il manifesto della nuova Europa. Quella sarebbe una proposta rivoluzionaria, molto più che un'assemblea costituente nazionale, che non vorrei fosse peraltro il tentativo di un Nazareno bis». Quanto a Silvio Berlusconi «dopo l'operazione al cuore mi pare tornato in campo alla grande. È ancora lui che dà le carte». Si chiude con Area popolare. «Il vero discrimine in questo momento è il No al referendum. E non solo in chiave anti Renzi, le modifiche della Boschi mortificano il ruolo delle Regioni e umiliano ogni idea di federalismo. I centristi hanno già detto che voteranno Si al referendum. Non so...
Ho sentito Maurizio Lupi spendersi per il Si, ma tanti di loro in privato mi fanno sapere che si comporteranno diversamente». C'è un mese di tempo per lavorare sull'intesa; domenica 18 settembre ci si vede tutti a Pontida. Nel manifesto campeggia, cubitale, l'invito a votare «No» al referendum. Basterà a fare da collante?
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