La mascherina prende il posto della maschera. E resta il desiderio di nascondersi alla morte

La prima è sicurezza, la seconda festa. Ma tutte e due sperano nella vita

La mascherina prende il posto della maschera. E resta il desiderio di nascondersi alla morte

Mi sono chiesto qualche giorno fa, mentre ascoltavo la testimonianza di un'infermiera, se la mascherina che copriva il suo viso era anche maschera.

La maschera dissimula il volto, per svelarne l'enigmatica essenza. Quella mascherina rivelava qualcosa o annullava l'enigma? Lo studio televisivo ospitava la sorella dell'infermiera, di cui tesseva le lodi per l'abnegazione e il coraggio che dimostrava nell'assistere i degenti in terapia intensiva. Due sorelle sugli scudi, una a viso scoperto, l'altra bendata. La maschera, si dice, è una finzione più vera del vero. Il caleidoscopico ventaglio delle forme che assume è un variopinto museo dell'immaginario. Si pensi al carnevale in genere, e soprattutto a quello di Venezia, che quest'anno non si è potuto festeggiare. Ma quella mascherina, tornavo a chiedermi, al di là della sua funzione, conserva ancora qualcosa della maschera?

L'ospite in studio più elogiava la sorella, più alimentava la curiosità nei suoi confronti. La regola, per la maschera, è capovolgere - nella festa - ogni regola. Non si può dire altrettanto della mascherina, sia perché non partecipa a una festa, sia perché la si indossa per osservarle, le regole, non certo per capovolgerle. Eppure, il confine tra maschera e mascherina non appariva così netto. Qualcosa della maschera si intravedeva, non foss'altro perché copriva una parte del viso. Dov'è la differenza?

Comprai tempo fa una maschera africana, attratto dalla forma in sé, con tutta la raggelata suggestione di un tempo sacro, atemporale. Non è bella, tutt'altro. Ha due fori al posto degli occhi e un naso stilizzato. Quando la osservo mi pare di entrare in una dimensione codificata, simbolica, e mi chiedo da dove provenga la necessità, in quasi tutte le culture, di nascondere il viso.

Non sono mai andato a Sarsina, luogo di nascita di Plauto, anche perché la commedia plautina con i sorrisi strappati che ci vengono dalla maschera potrebbe infastidirmi. Anche la mascherina mi irrita, ma diversamente, perché gli occhi stanno per il tutto e dicono molto, anche se non tutto.

Maschera è, latinamente, «persona». «Persona» viene da personare, risonare attraverso. Una voce che viene da altrove si materializza nella maschera. L'Altro imprime il suo sigillo, per cui avremo diverse forme, diversi caratteri. Si può parlare a buon diritto di metafora vitale della maschera, a partire dalla mascherina dell'aristocrazia veneziana, che suggerisce una libertà trasgressiva, proibita in tempi normali. Ma ci sono anche le maschere dipinte da James Ensor, le maschere e la morte e, nel mezzo, le maschere della Commedia dell'Arte italiana, una diversa dall'altra, ognuna ben caratterizzata.

Niente di tutto ciò nelle mascherine di questi giorni, non tutte uguali, tuttavia, alcune più preziose, come se ci fosse nella mascherina una tentazione che viene da lontano a trasformarsi in maschera. «Je est un autre» dice citando Rimbaud ogni donna truccata, dall'antichità a oggi, sotto ogni cielo. Ma quando è pesante, più lo guardi e più ti accorgi che non svela l'essenza enigmatica, come dicevo all'inizio e come fa invece la maschera. Il trucco è il trionfo della smorfia, quando è spinto all'eccesso. È fuorviante e ingannevole.

Al contrario, la mascherina dell'infermiera, pur coprendo il volto, non lo mortifica. È una benda temporanea che una volta tolta libererà quel volto con un effetto paragonabile a quello di un toro smarrito quando entra nell'arena. E l'arena - capisco che evocarlo in queste ore possa apparire blasfemo - è lo sguardo dei medici, bendati anch'essi ma con occhi per vedere e desiderare.

Non è un caso se si dice che il desiderio è sempre e comunque il desiderio dell'Altro. Di un Altro che non ti desidera necessariamente, ma da cui ti aspetti che desideri il tuo desiderio per farti sentire vivo. Anche ai lati di un ventilatore polmonare.

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