RomaSei, sette ore al massimo. Nessun giallo, pochi dubbi, zero suspence. La riforma elettorale non ha dovuto faticare un granché per superare il vaglio del Colle. Spedita in mattinata da Palazzo Chigi, esaminata secondo protocollo dall'ufficio giuridico del Quirinale, licenziata dal capo dello Stato alle cinque del pomeriggio, «senza note né osservazioni», senza cioè nemmeno un contentino, uno zuccherino alle opposizioni che la considerano incostituzionale. E ora, aspettando Consulta ed eventuale referendum, l'Italicum è legge della Repubblica.
Un esito scontato. Matteo Renzi ne era talmente sicuro da farsi fotografare e ritwittare mentre autografava il testo con una penna stilografica prima di mandarlo al presidente. «Una firma importante. Dedicata a tutto quelli che ci hanno creduto, quando eravamo in pochi a farlo». Senza parlare dell'agenzia di rating Fitch, che l'ha definito «un progresso verso le riforme». Del resto questa partita il premier l'ha giocata dopo essersi garantito una completa copertura del Quirinale. Giorgio Napolitano è intervento più volte, anche dopo il termine del suo mandato, per invitare il Parlamento a «non lasciare il lavoro a metà». E Sergio Mattarella, a suo modo e in maniera più discreta, ha tenuto la stessa linea, ha concesso la stessa sponda.
E ha firmato «senza osservazioni». Dal punto di vista formale significa che il capo dello Stato, fatto salvo il successivo esame della Consulta, non rileva lampanti profili di incostituzionalità. Da quello politico che, come spiegano dal Colle, anche se volesse «non c'è materia» per intervenire. Per altro Mattarella, autore a suo tempo del Mattarellum, il «maggioritario corretto» in vigore alla fine degli anni Novanta, conosce bene la materia. Conosceva bene anche ogni piega e risvolto della legge in discussione e aveva evidentemente dato già un suo placet informale. Ora la conferma. Rapida. Indolore.
Tre i motivi alla base della scelta. Il primo sta nel fatto che l'Italicum è una legge approvata dalle Camere, a differenza del Consultellum, uscito dopo la sentenza della Cassazione che ha cancellato il Porcellum. Al di là dei numeri, dei voti di fiducia, dell'Aventino e delle polemiche, questioni politiche sulle quali il capo dello Stato non intende entrare, il Parlamento ha «ripreso il suo ruolo». Il secondo deriva dall'esame «freddo» di un testo votato dal 60 per cento dei senatori e dalla maggioranza assoluta dei parlamentari, anche se nel frattempo la geometria delle alleanze è cambiata: Forza Italia fuori, centristi dentro, Pd spaccato.
Il terzo motivo sta nel merito. Se l'Italicum è un Porcellum con le ali, sono proprio queste ali che hanno convinto Mattarella. Prima non esisteva una soglia minima per ottenere il premio di maggioranza, ora il tetto è al 40 per cento con l'eventuale ballottaggio tra le prime due liste.
Prima c'erano i listoni di nominati, ora delle liste più corte, con una quota che sarà eletta con le preferenze. Insomma almeno in parte i rilievi sollevati dalla Consulta sono stati rimossi. Visto dal Colle, non sarà il massimo ma è sempre meglio che niente.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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