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Mattarella irritato e dubbioso: basta soluzioni "precotte"

Il nome proposto dai due leader appare troppo debole. Il Colle prende altro tempo e convoca Fico e Casellati

Mattarella irritato e dubbioso: basta soluzioni "precotte"

Alt, fermi tutti. Il presidente, «non convinto», irritato perché messo di fronte al fatto compiuto, congela la trattativa e si prende «una pausa di riflessione». Alle otto della sera quando Giuseppe Conte sembra a un passo da Palazzo Chigi, con l'aereo gialloverde del governo Jamaica pronto al decollo e il duo Di Maio-Salvini pronti alla festa, ecco il brusco stop del Colle: il profilo del professore non piace a Sergio Mattarella, non del tutto almeno, serve quindi «un supplemento di indagine». Oggi i presidenti delle Camere, gli esploratori Alberta Casellati e Roberto Fico, saliranno al Quirinale per delle ulteriori consultazioni. E intanto l'incarico slitta di un paio di giorni.

Pazienza per il faccione sorridente e tronfio di Giggino Di Maio, che alla Loggia alla Vetrata parla di «premier politico» e che poi, appena fuori dal palazzo, spoilera il nome di Conte. Passi pure il furore con cui Matteo Salvini attacca l'Europa nel giorno meno opportuno: Mattarella li aveva convocati a Borse chiuse proprio per evitare guai. Ma la cosa che fa detonate la felpata rabbia del capo dello Stato è la leggerezza con cui i leader di Lega e M5s decidono di proporre un candidato così oggettivamente debole e un programma così rischioso in un momento così delicato.

E subito, come già le altre volte, i confronti nello studio presidenziale si trasformano in lezioni di diritto costituzionale. Il presidente comincia facendo presente la sua «preoccupazione per i segnali di allarme sui conti pubblici e sui risparmi dei cittadini». Spread verso quota 200, istituzioni europee allarmate, pericoli di assalti della speculazione. A torto o a ragione, spiega Mattarella ai suoi interlocutori, la situazione è questa e quindi conviene essere prudenti.

Secondo punto, il più importante: l'Italia non è un condominio e dunque a Palazzo Chigi deve andarci uno capace di amministrare la cosa politica. Lì c'è il potere esecutivo, non il potere esecutore. A questo proposito il capo dello Stato ricorda a Di Maio e Salvini l'articolo 95 della Costituzione: il presidente del Consiglio dei ministri DIRIGE la politica generale del governo e ne è responsabile, mantiene l'unità di indirizzo politico e amministrativo, promuovendo e coordinando l'attività dei ministri. E su queste osservazioni si registra «il consenso» dei Lega e Cinque stelle.

Ebbene, conclude Mattarella, può tutto questo fardello pesare sulle spalle del povero professor Conte, il novellino, come lo chiama il Financial Times? Detto in parole povere: chi comanda, Conte o gli altri due? Chi difende le posizioni italiane? Chi va a trattare con l'Europa? Niente di personale, ovvio, la persona è degna e stimata, però il presidente ha dei dubbi, ingigantiti dall'atteggiamento superficiale e trionfalistico di Matteo e Giggino. Prima di avallare una soluzione che considera appena sufficiente, da sei meno meno, vuole pensarci bene su.

Si riparte quindi da Fico e Casellati, convocati per le 11 e mezzogiorno. Un atto di riguardo nei loro confronti, visto che nelle settimane scorse hanno avuto due mandati esplorativi, per aggiornarli sugli sviluppi della situazione e per ascoltare le loro valutazioni. Il segnale che il momento è delicato e la crisi lungi dall'essere risolta. Quanto a Giuseppe Conte, il prof è sempre in corsa e forse presto avrà il via libera del Colle.

Ma lo schema dovrà cambiare: basta con i pacchetti chiusi, bisogna tornare al rispetto delle regole della Repubblica e delle prerogative del capo dello Stato.

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