Renzi? No comment, nessuna reazione ufficiale, sismografo piatto. Eppure a Sergio Mattarella le parole del segretario dem non devono essere andate per il verso giusto. Non tanto perché ha addossato al Quirinale, colpevole di non aver fatto votare l'Italia nel 2017, la responsabilità della sua sconfitta: quella della «finestra europea» non sfruttata ormai è una storia passata. Piuttosto, il capo dello Stato è preoccupato per le conseguenze future. Renzi infatti ha già schierato il Pd all'opposizione togliendo così, se riuscirà davvero a tenere la linea, una delle carte forti dal gioco delle alleanze e complicando parecchio il lavoro presidenziale di mediazione. Poi c'è un risvolto più immediato: l'implosione del Nazareno e la polemica strisciante con Gentiloni possono mettere a rischio pure la tenuta del governo e i conti pubblici.
Il Colle nega comunque di aver favorito la nascita di un «partito del presidente» all'interno del Pd per preparare un soccorso rosso ai grillini. Si tratta, spiegano, di dinamiche interne che il presidente si limita a osservare da lontano e un suo intervento in questa fase sarebbe controproducente. Visto poi che nessuno ha i numeri per governare da solo, le forze politiche devono usare le tre-quattro settimane che mancano alle consultazioni per «chiarirsi» al loro interno, cercare intese e presentarsi con delle proposte in grado di produrre delle vere e solide maggioranze. Mattarella, che ha una visione politica del tutto diversa da quella di Giorgio Napolitano, non permetterà tentativi spericolati che possano morire in aula prima di nascere. Il discorso è semplice: avete i numeri? Bene. Non li avete? Allora mi dispiace, niente da fare.
E anche gli appelli alla sua «saggezza» che arrivano in questi giorni vengono accolti con una certa indifferenza. Matteo Salvini e Luigi Di Maio, i due candidati premier vincitori, ritengono entrambi di aver diritto all'incarico in base ai risultati raggiunti domenica, il centrodestra come prima coalizione e i Cinque Stelle come primo partito. Ebbene, viste dalla prospettiva del Quirinale, si tratta di richieste al momento irricevibili, quantomeno premature.
Tempi lunghi. Mattarella adesso osserva però non rimarrà uno spettatore inerte. Quando sarà il momento, se ci saranno le condizioni, magari dopo un mandato esplorativo, avrà l'incarico chi dimostrerà di avere più possibilità di portare a casa il risultato.
Il presidente non ha «preclusioni» e nemmeno «pregiudizi», quindi asseconderà, come è il suo compito, la realizzazione della volontà popolare. Il problema è che questa volontà si presenta frammentata e apparentemente incomponibile.
E dato che per mettere in piedi una maggioranza, come in tutti negoziati, servirà lo sforzo di tutti e il sacrificio di qualcuno, dal punto di vista logico è possibile che i due candidati siano costretti a cedere il passo a delle più figure più neutre, scolorite. Se si cercano voti del Pd, è difficile trovarli con Salvini o Di Maio premier.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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