Mattarella teme le liti continue tra i partiti e si cancella di nuovo dal toto-Quirinale

Il capo dello Stato puntualizza che il suo ruolo è alla fine. È la quinta volta

Mattarella teme le liti continue tra i partiti e si cancella di nuovo dal toto-Quirinale

Due mesi e mezzo, forse tre. Insomma, siamo agli sgoccioli. «A poche settimane dalla conclusione del mio ruolo, delle mie funzioni di presidente della Repubblica, torno qui nell'università dove ho studiato». Si, è proprio un lungo addio quello di Sergio Mattarella dal Quirinale, un congedo dilatato nel tempo, distillato, quasi rallentato. E, stranamente, ripetuto quasi ad ogni occasione utile: è già la quinta volta che il capo dello Stato sente di dover intervenire sul tema, di togliersi fuori dalla corsa alla successione e di ricordare che, comunque, sarà in campo con i suoi poteri fino alla scadenza del mandato, a dire la sua. Infatti, ecco che invita gli italiani a vaccinarsi. «È lo strumento che ci ha salvato, un referendum sulla scienza vinto nove a uno».

Che cosa c'è dietro questa insistenza? Perché ne parla così spesso? Dietrologi scatenati. In Parlamento, dove molti ancora sperano che ci ripensi, che si sacrifichi per spirito di servizio, è subito partita un'attenta esegesi delle sue parole, provocando un effetto paradosso. Davvero i giochi sono chiusi, si chiede qualcuno? Dal Colle la risposta è sì. Mattarella semmai è preoccupato perché non vede le forze politiche pronte e disposte a trovare un accordo per la principale carica di garanzia della Repubblica.

Quindi lui, anche a rischio di offrire il fianco alle interpretazioni, insiste sul concetto. Nelle settimane scorse ha rammentato «le sollecitazioni» di due ex capi dello Stato, Antonio Segni e Giovanni Leone, che proponevano la non rieleggibilità del presidente della Repubblica e l'abolizione del semestre bianco. E adesso, dopo la lectio magistralis del rettore della Sapienza, si cancella di nuovo dal toto-Quirinale.

«Se mi è consentito, vorrei aggiungere un ulteriore significato di carattere personale che mi riguarda, perché a poche settimane dalla conclusione delle mie funzioni di presidente, torno alla Sapienza dove ho studiato». Game over, nessun bis: siamo in una Repubblica, non in una monarchia, quindi è necessario «non farsi condizionare dal potere» e restare con i piedi per terra. Del resto nell'Italia di oggi l'uomo solo al comando non può funzionare. «L'articolazione delle funzioni tra organismi diversi, la temporaneità degli incarichi e una buona dose di autoironia sono gli ingredienti che consentono di mantenere il distacco che rende autentico e non alterato il rapporto con le responsabilità».

E l'inaugurazione dell'anno accademico gli offre l'occasione per ricordare che siamo tuttora in guerra contro il Covid. I numeri dei contagi salgono, tuttavia, spiega, stiamo riuscendo «a contenere l'offensiva, i danni e i pericoli della quarta ondata». Altro che no vax, fidiamoci della scienza. «Le vaccinazioni ci hanno letteralmente salvato ma sono anche state una sorta di referendum.

A trentasei ore fa ne avevano fatto ricorso l'87 per cento dei nostri concittadini sopra i dodici anni, se a questi aggiungiamo quelli che non possono farlo per motivi sanitari e quelli di recente guariti dal Covid, siamo più o meno al 90 per cento». Risultato, «nove a uno per la scienza: il senso di responsabilità degli italiani ci ha posto in posizione di avanguardia nella considerazione della comunità internazionale».

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