M atteo Salvini cambia idea: in Parlamento, a rispondere del Russiagate, forse ci andrà. Sia pur con molti paletti, e con la tutela del question time che non prevede dibattiti ma domande e risposte brevissime. E per ora, il ministro non ha ancora dato alcuna disponibilità formale a presentarsi in Parlamento, scatenando le proteste dell'opposizione Pd, che minaccia di bloccare il Parlamento..
Dal «Niet» dei giorni scorsi («Una vicenda così surreale che non sto neanche spendendo energie capire cosa dire. Non c'è niente da dire»), di fronte alle pressanti richieste delle opposizioni e della sua stessa maggioranza, il capo della Lega è però passato con rapida giravolta ad un vago «Da»: «Se andrò in Parlamento? Ci vado due volte alla settimana per il question time. Quello che mi chiedono, rispondo. Rispondo a ogni cosa sullo scibile umano, sulle questioni più varie, anche se da dieci giorni mi sembra parlino del nulla». Il tono irridente serve a mascherare la resa. Cui hanno contribuito, probabilmente, i messaggi rassicuranti arrivati sia dalla Procura di Milano che dagli alleati.
Se il procuratore Francesco Greco ha spiegato che «le indagini saranno complesse, lunghe, laboriose e internazionali», e che per ora Salvini non sarà «assolutamente» sentito, Gigino Di Maio ha offerto al suo alleato un mantello protettivo. Certo, il vicepremier grillino non rinuncia a fare un po' il gradasso per ricordare al leghista che ora deve stare sotto scopa e non può più alzare la cresta, così lo punzecchia sull'incontro al Viminale con le parti sociali: «Chi vuole incontrare i sindacati lo può fare, quello che però mi dà noia in questo momento, è che lo si faccia per sviare da una questione molto più grande che è quella di un vice primo ministro che secondo me deve andare a riferire in parlamento sulla questione russa». Insomma, insinua Gigino, la passerella cui hanno astutamente collaborato Landini e compagni serviva solo a creare un polverone mediatico per far scordare i guai di Salvini. Ciò detto, però, il capo grillino garantisce all'alleato che, se fila dritto, nulla di male potrà accadergli: «Sono sicuro - flauta - che in Parlamento ci andrà, e così ci darà anche modo come maggioranza di difenderlo».
Che i Cinque stelle siano eccitati dall'idea di poter tenere al guinzaglio il proprio ingombrante alleato, ma non abbiano alcuna intenzione di far saltare il governo, anzi, lo si capisce anche dalle parole di colui che viene spacciato per «oppositore» dell'alleanza gialloverde, ossia il presidente della Camera Roberto Fico. Che invece usa toni assai soavi con il ministro degli Interni.
Salvini cerca l'appeasement anche con il premier Conte, assicurandogli di non avere alcuna intenzione di usurpare il suo ruolo direttivo sulla manovra: «Non è stato uno sgarbo istituzionale vedere i sindacati perché facciamo qualcosa di utile all'Italia e al governo».
Ad attaccare frontalmente il leghista resta l'opposizione Pd, che ieri ha inscenato una protesta nell'aula della Camera per reclamare chiarimenti da Salvini su un comportamento «che mette a rischio la sicurezza nazionale».
Non basta il question time, sottolineano i dem: «Vogliamo che in Aula ci sia anche il presidente del Consiglio e che ci sia un vero dibattito parlamentare, soprattutto sulla collocazione dell'Italia nello scacchiere internazionale». E per «farsi capire meglio da Salvini», il deputato Andrea Romano glielo chiede addirittura nella «sua lingua madre». Ossia in russo.
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