«Non è possibile escludere che tali bonifici possano sottendere finanziamenti volti al perseguimento di interesse privati». Dice proprio così, l'ordinanza di custodia emessa dal tribunale di Genova, su richiesta della Procura, contro il governatore Giovanni Toti e i suoi presunti complici. È il passaggio sui finanziamenti che la lista Toti ricevette da un imprenditore del settore discariche, Pietro Colucci (nella foto). «Non si può escludere»: modo elegante di dire che non c'è nessuna prova per affermarlo. Ma intanto il sospetto non provato viene lasciato lì, a rimpinguare le 654 pagine dell'ordinanza, e a dipingere un quadro fosco dei rapporti tra Toti e le imprese. Prima di ammettere di non avere trovato nessuna prova della corruzione, l'ordinanza analizza gli otto finanziamenti, per un totale di 195mila euro, effettuati tra il 2016 e il 2020 a favore del Comitato Change e del Comitato Toti Liguria, «deputati a raccogliere fondi per Giovanni Toti e il suo raggruppamento politico», da parte di un gruppo di società riconducibili a Colucci e alla sua capogruppo, la Innovatec di Milano. Il gruppo si occupa di smaltimento rifiuti e in Liguria controlla alcune discariche, la più grossa è la Boscaccio di Vado Ligure gestita dalla Ecosavona: che in realtà è una società a capitale misto pubblico-privato, ed è diretta da un ex manager pubblico, Flavio Raimondo, già presidente dell'acquedotto di Savona.
Per ottenere l'ampliamento della discarica, la Innovatec presenta due istanze alla Regione nel maggio 2017, ed è qui - secondo la Procura genovese - che si innesterebbero i sospetti sulla corruzione di Toti. L'indagine preliminare per finanziamento illecito a carico del governatore e di Colucci parte quattro anni fa, poi - si legge - «venivano evidenziati indizi di reato anche in ordine al delitto di corruzione». Di cosa si tratta? Di sedici parole pronunciate da Toti il 10 marzo 2021 parlando col suo capo di gabinetto Matteo Cozzani, con il quale sta organizzando una riunione: «Poi ci si infila dentro anche roba della discarica di Colucci, che voglio parlargliene a voce». Non si capisce se Toti voglia parlare col suo staff o con l'imprenditore, ma agli inquirenti ne deducono che «il fatto che Toti volesse parlare con (o di) Colucci della vicenda delle discariche in modo riservato (de visu e non semplicemente telefonico) lasciava intendere la volontà di rendere sicura la conversazione e al contempo confermava l'esistenza di un rapporto privilegiato tra l'imprenditore e il governatore». Tanto basta per iscrivere nel registro degli indagati Toti e Colucci anche per questa accusa di corruzione.
Strada facendo, l'inchiesta va a sbattere contro alcuni ostacoli. Il principale: al momento della conversazione intercettata tra Toti e Cozzani è pendente una seconda richiesta di ampliamento che però viene revocata dalla stessa Innovatec sei mesi dopo. Quale sarebbe la nuova contropartita non è chiarissimo, tanto che la Procura si rifugia in una sentenza della Cassazione secondo cui per parlare di corruzione non serve scoprire un atto specifico, basta una «onnicomprensiva monetizzazione» del ruolo pubblico. Neanche di questa «monetizzazione» la Procura però riesce a trovare traccia, tant'è che il giudice deve ammettere come «le intercettazioni non abbiano consentito di trovare ulteriori riscontri alla ipotesi corruttiva inizialmente ipotizzata a carico di Giovanni Toti e Pietro Colucci». Intanto l'ombra del sospetto rimane e l'indagine (spiegano in Procura) resta aperta, sorretta dal fatto che i finanziamenti al Comitato Change siano stati fatti senza rispettare le regole della legge sul finanziamento dei partiti.
Ma in realtà tutto è avvenuto alla luce del sole, con bonifico bancario. E sul sito di Change per il 2019 le donazioni di Innovatec per 20mila euro e di Diaspa, sua controllata, per 30mila sono lì, in bella evidenza, appena sopra i 100mila della Moby.
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