"Con me Fo fu razzista. E non si è mai scusato"

Brunetta all'attacco: "Usò delle parole d'odio sulla mia altezza: questa era la sua moralità"

"Con me Fo fu razzista. E non si è mai scusato"

Roma - Dura dimenticare certe parole. E Renato Brunetta non le ha certo rimosse. Dunque, non può che essere controcorrente e senza ipocrisie il ricordo di Dario Fo del capogruppo alla Camera di Forza Italia. Una coerenza riconosciuta persino da Jacopo, figlio di Dario che, nel giorno più triste, rende onore a chi - almeno - è sempre stato fedele alla linea. «Oggi tutti fan di Dario Fo? Ma se l'hanno escluso da tutto e tutti, non lo facevano più lavorare. Onore a Brunetta, il silenzio sarebbe stato più onorevole». «Onore a Jacopo - replica il deputato azzurro - che sa riconoscere i coerenti dagli ipocriti. Detto questo, non ho mai amato Fo, l'ho sempre considerato uno troppo di parte che ha diviso con violenza l'Italia». «E, visto che ci siamo - aggiunge - vorrei ribadire come mi apostrofò tre anni fa ai tempi del governo Letta. Un premio Nobel non dovrebbe dire certe cose. In quell'occasione Dario Fo dimostrò la caratura morale. E lo dico con amarezza e con grande dolore».

E ricordiamole quelle battute, in effetti picchiò duro.

«Duro? Alla Radio (La Zanzara) disse testuali parole: Brunetta che giura da ministro? La prima cosa che farei è cercare un seggiolino per poterlo mettere a livello, all'altezza della situazione. Ma sarebbe meglio mettere una scaletta, così se la regola da sé».

Poi ci fu un ulteriore affondo...

«E già. Disse che la scaletta sarebbe una gentilezza che si fa a Brunetta, e alla società tutta, per non avere l'angoscia di vedere qualcuno che non ce la fa».

Ci fu qualcuno che chiese la revoca del Nobel.

«Sì, ma di fronte alle critiche Fo non fece ammenda e aggiunse che sono sicuramente più basso nel pensiero che nel fisico. Parole razziste piene di odio e di cattiveria. Sa che le dico, lasciamo perdere che è meglio».

Quando ottenne il Nobel ci fu qualcuno che osò polemizzare. Ma durò poco. Poi solo spazio al plebiscito.

«Ricordo nel bene e nel male i fiumi di retorica che seguirono l'assegnazione del premio. Era come se tutto ciò che prima era solo gioco, divertissement, fosse improvvisamente diventato ad alta gradazione intellettuale. E il giullare ne approfittò facendo politica a teatro. No, quando vinse il Nobel non ho gioito per il mio Paese. Chi ha applaudito è stato solo un conformista».

Ok, qualcosa da salvare dell'uomo Fo? Che so, il teatro, il grammelot, la tv e i caroselli con la moglie?

«Direi nulla. Tv? Caroselli? Francamente non ho un grande ricordo. Il teatro? Mi vengono in mente le scolaresche obbligate ad andare a vederlo la mattina quando recitava Mistero Buffo. Mi piacerebbe però che in questa fiera di ipocrisie qualcuno facesse un esame di coscienza ed esprimesse un parere libero».

Nulla da aggiungere?

«Una cosa sola: riposi in pace».

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