Cronache

Il medico italiano che ridà la vista e il sorriso alle donne deturpate nel nome della sharia

Losasso da 17 anni opera le vittime di sfregi maschili in Italia e Pakistan

Il medico italiano che ridà la vista e il sorriso alle donne deturpate nel nome della sharia

Ecco cosa fanno alle donne vittime della Sharia. Incontriamo Giuseppe Losasso a Udine nel suo studio. È un medico chirurgo plastico che da 17 anni opera le donne martoriate e sfregiate con l'acido. Restituisce loro gli occhi. Ridona loro il sorriso. Smileagain, «sorridi ancora», è l'associazione a cui ha contribuito a dare vita nel 2005.

In pochi anni questo medico, con l'aiuto di altri chirurghi, ha messo in piedi a Multan, in Pakistan, il Centro Ustioni. Un centro che ora conta dieci medici, una quarantina di infermieri e altri tecnici. Perché in questi Paesi le donne vengono martoriate, sfregiate, deturpate, sfigurate a vita con l'acido. Basta un semplice no. Un rifiuto. Non solo la resistenza a un matrimonio. Basta anche opporsi a una conoscenza con un uomo che potrebbe essere il loro padre e di notte mentre dormono con l'acido delle batterie delle auto vengono rovinate a vita. I mandanti e gli esecutori rimangono impuniti. Sono ragazzine, per la maggior parte, che hanno dai 13 ai 18 anni. Ma l'abitudine di punirle avviene anche nelle donne più adulte.

Losasso aveva cominciato a portarle qui in Italia, poi era troppo complicato e con tanta fatica, rischiando anche la vita, ha dato forma e sostanza a questo ospedale inaugurato poco prima dello scoppio del Covid. Ma lui in Pakistan ci va da 17 anni. «Quando sono sbarcato per la prima volta in Pakistan, ho ricominciato a vivere. Mi ha portato Clarice Felli, fondatore di Smileagain». Qui Losasso ha operato oltre mille donne. Ognuna di queste ha bisogno di una media di una quindicina di interventi. «Ricordo ancora Zayna - ci racconta Losasso - sfregiata con l'acido a 13 anni. Quando l'ho incontrata era tutta rannicchiata, le spalle ricurve, il corpo anche, il mento era completamente incollato al torace. L'ustione provoca una retrazione cicatriziale della cute. Lei ha subito una quindicina di interventi, un giorno dopo un'operazione è riuscita a sollevare il busto dal letto e chinarsi in segno di ringraziamento. È stata una gioia immensa». Zayna è la protagonista del libro che Losasso ha scritto con Annalisa Maniscalco, Più della mia pelle (edito da L'Erudita), e ripercorre tutte le tappe del calvario: le cure che non arrivano, il dolore immenso, il busto deformato, l'agonia di un corpo che si ritorce e si contorce su se stesso, l'isolamento in casa, la vergogna, i sensi di colpa, fino ad arrivare all'annullamento e alla tentazione del suicidio. Sono tutte donne che Losasso ricorda, una a una. Prima dello scoppio della pandemia, in Pakistan andava tre volte l'anno per una settimana. Ora è più difficile. «La prima ragazza portata in Italia è stata Nasreen ci racconta -. Ricordo ancora quando l'ho incontrata, sfregiata con l'acido a soli 16 anni. Abbiamo fatto il possibile per salvarla. Un occhio l'aveva completamente perso, l'altro era aperto per metà. Le abbiamo fatto un trapianto di cornea ma la vista l'ha persa». Nasreen si era opposta a un matrimonio con un uomo che era più vecchio del padre. Ogni qual volta una donna viene sfregiata, lì è una medaglia da appendere al petto, un consiglio per le altre: «Ecco cosa ti accade se ti ribelli...

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