Valentina Raffa
Il ricordo del mega naufragio del 18 aprile di un anno esatto fa, in cui persero la vita a poche miglia da Lampedusa oltre 700 immigrati, viene rinverdito, proprio nel giorno delle commemorazioni, da una nuova tragedia del mare. In circa 400, in gran parte somali, ma anche etiopi ed eritrei, sarebbero stati inghiottiti dalle acque, mentre una cinquantina, tra cui bambini, sono stati tratti in salvo. A diffondere la notizia ieri il Mail online, citando la Bbc in Arabo, che a sua volta si è rifatta a media locali.
È ancora giallo però sull'accaduto perché mancano le conferme ufficiali, specie sul numero delle persone realmente coinvolte.
Secondo quanto ricostruito i migranti erano partiti dalle coste egiziane a bordo di quattro gommoni alla volta dell'Italia. Le onde, l'alto numero di passeggeri per natante, costretti a farsi spazio gomito a gomito gli uni con gli altri. E qualcosa è andato storto, facendo ribaltare i gommoni. I soccorsi parlano di dispersi, che è forse la parola meno dolorosa per dire morti, i cui corpi non sono stati recuperati e che forse resteranno seppelliti nel mar Mediterraneo, divenuto un'enorme cimitero d'acqua.
Da esso, su volere del governo italiano che ha delegato delle operazioni la Marina militare e l'ufficio del commissario straordinario per le persone scomparse, sono stati recuperati 169 corpi incastrati nel relitto del mega naufragio di un anno fa. Le operazioni di recupero proseguiranno. La Marina militare italiana, avvalendosi di apposite apparecchiature messe a disposizione da una ditta specializzata incaricata, provvederà anche al recupero dell'imbarcazione affondata, ferma a circa 400 metri di profondità, che sarà trainata fino al porto di Augusta, oltre che delle salme tumulate al suo interno.
Nel frattempo gli sbarchi proseguono. Negli scorsi fine settimana i soccorritori hanno lavorato senza sosta. C'è stato un incremento di arrivi dalla Libia del 55% rispetto al 2015 tanto che il Viminale ha chiesto di reperire altri 15mila posti. E le previsioni sono delle peggiori, visto che con l'incombere della bella stagione, che invoglia alle partenze, e la decisione dell'Austria di blindare la frontiera del Brennero, non essendo più disposta a subire l'ingresso incontrollato di immigrati diretti in Germania, le probabilità di nuove partenze e, di conseguenza, anche di naufragi aumentano. Tanto che non si fa in tempo a piangere. I drammi del mare si consumano giorno per giorno. Domenica, a circa 20 miglia dalle coste libiche, da un gommone stracolmo di immigrati sono stati recuperati sei cadaveri. L'operazione di soccorso, coordinata dalla centrale operativa di Roma della Guardia costiera, si è conclusa col salvataggio di 108 persone, tra cui cinque donne, ma ci sarebbero anche 21 dispersi. All'arrivo della nave dei soccorsi, la Aquarius, appartenente a una Ong, il gommone era in precarie condizioni e rischiava di capovolgersi per il mare mosso.
Si continuano a cercare soluzioni al fenomeno del flusso migratorio ininterrotto verso la nostra Penisola, ma l'ostinazione finora perseguita di non stoppare l'ondata costante di immigrati fa presagire un'altra estate di fuoco. E a pagare saranno sempre gli stessi: da un lato quegli immigrati che sognano di raggiungere il Belpaese, dall'altro gli italiani, che faticano a pensare a ulteriori sacrifici e attendono soluzioni dalla politica.
A pagare, almeno per una delle tante tragedie del mare, quella proprio del 18 aprile 2015, passata alla storia come la più grande che si sia mai verificata, saranno i due scafisti: Moamed Ali Malek e Mahmud Bikhit accusati di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina pluriaggravato, naufragio colposo e omicidio colposo plurimo.
A loro è giunta la procura distrettuale di Catania con l'inchiesta avviata subito dopo la tragedia per accertarne le cause, indagine che ha richiesto anche un sopralluogo subacqueo della Marina militare. Il loro processo, con rito abbreviato, si sta celebrando dinanzi al gup di Catania.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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