Politica internazionale

Meloni strappa a Orbán un'apertura sull'Ucraina (con un occhio a Ecr)

Quasi un'ora di bilaterale da soli e senza sherpa. Poi l'ok a un comunicato congiunto non scontato

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Il comunicato congiunto che segue il bilaterale di quasi un'ora tra Victor Orbán e Giorgia Meloni non era un risultato scontato. La premier italiana, infatti, insiste molto su quelli che sono certamente i due dossier più critici nelle interlocuzioni non solo tra Budapest e Bruxelles, ma anche tra l'Ungheria e l'Italia, con buona pace degli ottimi rapporti personali che da tempo legano Meloni sia al premier ungherese che alla presidente Katalin Novák. Sul tavolo del primo faccia a faccia con Orbán da quando è a Palazzo Chigi, infatti, ci sono Ucraina e immigrazione. Due fronti per ragioni diverse delicatissimi. Sulla guerra di Mosca contro Kiev, infatti, il governo ungherese ha sempre tenuto una posizione sostanzialmente filo-russa, al punto di perdere il sostegno di Varsavia e restare isolato in Europa. Mentre sull'immigrazione è evidente che Roma e Budapest hanno priorità diverse (noi i movimenti primari, loro quelli secondari) che rendono complicato trovare un punto d'incontro.

Eppure, soprattutto sul capitolo Ucraina, il governo italiano è riuscito a incassare una leggera correzione di rotta da parte di Orbán. Che sottoscrive una dichiarazione congiunta in cui si legge che «i due premier hanno condannato l'aggressione russa e auspicato una pace giusta» per poi sottolineare «l'importanza di mantenere la forte unità degli Stati membri dell'Ue in un sostegno ampio e multidimensionale all'Ucraina». «Aggressione russa» e «sostegno ampio» a Kiev, concetti che espressi dal premier ungherese non sono per nulla scontati. E che lasciano sperare che nei prossimi mesi Budapest possa essere meno rigida nel bloccare in sede europea tutti gli interventi sanzionatori che vengono proposti contro Mosca. Si vedrà. Di certo, per il momento c'è che Meloni può far valere il bilaterale di ieri come un successo anche nelle sue future interlocuzioni con la diplomazia europea. Se la mattina ha partecipato al Budapest demographic forum con un intervento in inglese incentrato su «Dio, patria e famiglia», dopo pranzo il suo faccia a faccia con Orbán alla Karmelita Kolostor di Buda ha aperto qualche spiraglio. Dando dunque un senso politico a un bilaterale che qualcuno poteva bollare come semplice visita di cortesia a un leader che in molti considerano impresentabile (e che ieri non ha comunque lesinato dure bordate all'Ue). Il tutto, peraltro, rende più percorribile quell'avvicinamento tra il gruppo dei Conservatori (di cui Meloni è presidente e dove i polacchi filo Kiev di Diritto e giustizia hanno un ruolo centrale) e il Fidesz, il partito fondato dal premier ungherese che dopo la rottura con il Ppe nel 2021 oggi al Parlamento Ue non aderisce a nessuna famiglia politica. Anche se ormai pare archiviata la poco credibile ipotesi di una maggioranza Ppe-Ecr (numericamente quasi impossibile), è chiaro che gli attuali 12 eurodeputati di Fidesz potrebbero fare molto comodo a Ecr. Sia nella speranza che alle Europee del 9 giugno i Conservatori possano agganciare i liberali di Renew Europe (quotati da Europe Elects a 89 seggi contro gli 82 di Ecr), sia con l'obbiettivo di allargare la forbice con Identità e democrazia (il gruppo dove la Lega di Matteo Salvini milita insieme a Marine Le Pen e l'ultra-destra di Afd).

Anche sull'immigrazione, Meloni e Orbán arrivano a parlare di una «sfida comune per l'Unione europea» che «richiede una risposta collettiva». In verità, più una dichiarazione d'intenti che altro, perché come è noto l'Italia è concentrata sui movimenti primari, mentre l'Ungheria sui secondari. E ciò di cui avrebbe davvero bisogno Roma è che Budapest si facesse carico di accogliere qualche migrante in più attraverso il meccanismo della redistribuzione. Cosa che non avviene e non avverrà. Detto questo, Meloni può dirsi soddisfatta per aver ottenuto un comunicato congiunto che fino a ieri mattina nessuno dava per certo. E nel quale sembra affettivamente esserci un cambio di passo. Se a questo seguirà davvero una correzione di rotta lo sapremo solo tra diversi mesi, di certo c'è che forse anche a Orbán inizia a pesare il suo completo isolamento in Europa. Che potrebbe essere un problema anche in vista del semestre di presidenza ungherese dell'Ue in programma nella seconda parte del 2024.

Un appuntamento per il quale Meloni si è impegnata a dare a Orbán tutto il sostegno possibile.

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