Cronache

Meno malati di tumore È il primo anno in calo

Meno malati di tumore È il primo anno in calo

Nella battaglia contro il cancro per la prima volta la scienza, la ricerca e la medicina mandano a tappeto il nemico numero uno. Un nemico che ha molte facce ma un solo nome: tumore. L'Aiom, Associazione italiana di oncologia medica, per la prima volta da quando elabora questo tipo di rapporto segnala il calo dei casi. Nel 2019 sono stati 371mila, ovvero 2mila diagnosi in meno rispetto al 2018 quando purtroppo invece il trend era sempre in salita: 4mila casi in più rispetto al 2017.

Come si è riusciti ad invertire la tendenza? Prevenzione prima di tutto e stili di vita più sani ma anche l'evoluzione delle cure, terapie sempre più mirate, personalizzate e meno invasive che garantiscono una migliore qualità di vita e una più alta percentuale di guarigioni come spiega Stefania Gori, presidente Aiom, illustrando i contenuti del rapporto «I numeri del cancro in Italia 2019», presentato al Ministero della Salute.

Sono oltre un milione i pazienti definitivamente guariti, ovvero con le stesse chances di sopravvivenza di una persona che non si è mai ammalata. Sono tre milioni e mezzo il pazienti che vivono dopo la scoperta della malattia, grazie alla sempre maggiore adesione ai programmi di screening.

Attenzione però perché proprio dal mondo della medicina arriva un allarme sul prossimo futuro lanciato dai sindacati. Il servizio sanitario nazionale ha subito troppi tagli, denuncia l'Anaao Assomed, sindacato degli ospedalieri, e così non sarà più possibile garantire il diritto alla salute. Un miliardo di euro è la cifra che nel 2017 Regioni e Aziende Sanitarie hanno risparmiato tagliando la spesa per il personale sanitario. Un miliardo al quale vanno aggiunti i 500 milioni di straordinari non retribuiti. Risparmi, tagli che hanno determinato una carenza negli organici di circa 8 mila medici, 2 mila dirigenti sanitari e 36 mila infermieri. Dal 2010 al 2017 la spesa globale per il personale medico si è ridotta di circa il 10 per cento.

I dati registrati da Aiom nella battaglia contro il cancro sono comunque positivi anche se permangono le disparità di accesso alla prevenzione e alle cure tra regione e regione.

Il tumore più diffuso si conferma quello della mammella (53.500 casi nel 2019); seguono colon-retto (49.000), polmone (42.500), prostata (37.000) e vescica (29.700). Si registra un calo delle neoplasie del colon-retto, dello stomaco, del fegato e della prostata. Un calo che per i carcinomi del polmone riguarda soltanto gli uomini. I casi sono invece in aumento tra le donne (più 2,2), per la diffusione dell'abitudine al fumo di sigaretta.

A livello regionale l'incidenza più alta di diagnosi è in Friuli-Venezia Giulia (716 casi per 100.000 abitanti), la più bassa in Calabria (559 casi per 100.000 abitanti).

Le disparità territoriali sono evidenti: per un insieme di motivi ambientali e sociali ci si ammala di più nelle aree del nord ma poi nel sud e nelle isole si guarisce di meno perché le strutture sanitarie son più carenti anche sul fronte dell'adesione agli screening utili alla prevenzione. Il tasso d'incidenza standardizzato (sulla popolazione europea) per tutti i tumori è tra gli uomini più basso del 4 per cento al Centro e del 14 al al Sud/Isole rispetto al Nord. Allo stesso tempo nel Sud/Isole, dove gli screening oncologici sono ancora poco diffusi non è stata registrata la riduzione della mortalità e dell'incidenza dei tumori della mammella, del colon-retto e della cervice uterina. Per molti tumori la frequenza, al netto dell'invecchiamento, è superiore al Nord rispetto al Sud/Isole indifferentemente per uomini e donne. E in particolare per i tumori dell'esofago e per il melanoma si confermano tassi d'incidenza doppi al Nord rispetto al Sud/Isole per entrambi i sessi. Anche per il rene e la pelvi renale l'incidenza è minore al Sud/Isole in entrambi i sessi, così come per il tumore della prostata, che continua a far registrare tassi di incidenza più elevati nel settentrione.

Al tumore comunque si sopravvive sempre di più: il 63 per cento delle donne e il 54 per cento degli uomini a 5 anni dalla diagnosi sono vivi.

Almeno un paziente su quattro, pari a quasi un milione di persone, è tornato ad avere la stessa aspettativa di vita della popolazione generale e può considerarsi guarito.

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