Cronache

Merce falsa e stipendi da fame. La concorrenza sleale del Dragone mette in ginocchio il made in Italy

Il governo mantiene basso lo yuan per favorire le esportazioni, ma ostacola l'importazione E un'ora di lavoro costa 20 volte meno che da noi

Merce falsa e stipendi da fame. La concorrenza sleale del Dragone mette in ginocchio il made in Italy

Il made in China ormai imperversa. Non ci sono solo i negozietti che vendono cianfrusaglie a basso costo, ma sui mercati europei e non solo arriva di tutto, dai giocattoli agli elettrodomestici con tanto di marchio contraffatto CE, dai prodotti elettronici ai capi d'abbigliamento e agli accessori con falsa griffe. È un mercato enorme e non è l'unico. E la Commissione europea sta valutando di correre ai ripari, visto che ora ci sono anche settori industriali strategici minacciati dalla concorrenza sleale di Pechino. L'acciaio è uno di questi. L'industria siderurgica europea infatti sta soffrendo e sono a rischio decine di migliaia di posti di lavoro. Gli imprenditori chiedono misure anti dumping alla Ue e hanno organizzato per oggi a Bruxelles una manifestazione per sensibilizzare le autorità comunitarie, nonostante siano in atto già 37 misure anti dumping.Ma la concorrenza cinese è davvero sleale? Su questo pochi hanno dubbi. Poi, se a ciò aggiungi anche il fiorente mercato dei marchi contraffatti, il danno per le industrie occidentali e italiane è enorme. Purtroppo i casi di contraffazione made in China sono prassi quotidiana e il dilagante fenomeno dell'imitazione non si limita più alle griffes della moda, da Gucci ad Armani, ma tocca ormai tutti i settori. Ultimamente la tecnica di contraffazione cinese si è evoluta e dalla semplice copiatura si è passati alla falsificazione totale. Gli episodi sono numerosissimi, si potrebbe stilarne un elenco infinito, ma basta ricordare le contraffazioni scoperte a Kunming quattro anni fa, dove è stato aperto un grande negozio che vendeva prodotti Apple, riproducendo lo stile di un Apple Store, senza autorizzazione da parte dell'azienda americana, come pure lo store di arredamento identico a punto vendita di Ikea.Ma contraffazione a parte, quello che preoccupa di più è la concorrenza sleale, cioè vendere il made in China a prezzi che sono troppo bassi per non uccidere i prodotti europei. Certo, qui siamo tutti contenti quando compriamo qualcosa che costa meno, anche se di qualità inferiore. Ma ci sono una serie di motivi per cui questi prodotti sono così appetibili. Qualcuno obietterà che secondo il pensiero liberale la concorrenza è una cosa sana. Siamo d'accordo, ma qui di sano non c'è proprio nulla.In Cina è il governo che controlla il cambio dello yuan, cioè la valuta cinese, il cui valore viene tenuto artificiosamente basso per avvantaggiare le esportazioni. Poi, i produttori cinesi ricevono inoltre aiuti e sussidi dal governo che superano addirittura i vantaggi del cambio basso. Infine, c'è il problema della reciprocità: Pechino favorisce le esportazioni ma ostacola le importazioni, cioè, mentre per i cinesi è facile piazzare le loro mercanzie sui nostri mercati, gli italiani invece devono affrontare un'odissea per cercare di vendere i propri prodotti in Cina.Vogliamo poi parlare del costo del lavoro? In Europa, e soprattutto in Italia, un'ora di lavora costa 15/20 volte di più che in Cina e questo, già di per sé, fa sì che i loro prodotti siano meno cari. Gli operai cinesi si accontentano di un pugno di riso o addirittura lavorano come schiavi in aziende dove non sanno nemmeno che sia la sicurezza. Perciò, anche se il governo di Pechino non fosse onnipresente nell'economia e decidesse di rivalutare lo yuan, il costo del lavoro cinese sarebbe comunque inferiore a quello occidentale. E dubitiamo fortemente che i lavoratori italiani sarebbero disposti a vivere come quelli cinesi per fermare l'invasione dei prodotti made in China.Ora che la concorrenza cinese, in particolare nel comparto siderurgico, sta diventando un problema grave, crediamo sia giusto che l'Europa corra ai ripari. La sovraproduzione delle acciaierie orientali è stata stimata in circa 400 milioni di tonnellate (più del doppio di quella del Vecchio Continente) e il mercato interno è saturo. Per questo motivo il volume dell'acciaio cinese in arrivo in Europa è raddoppiato nell'ultimo anno e mezzo, facendo crollare i prezzi del 40 per cento e mettendo in crisi le industrie europee.

Allora è inutile nascondersi, è arrivata l'ora di difendere le nostre imprese e mettere i dazi sui loro prodotti.

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