Il messaggino che avrebbe inchiodato il presidente della Lombardia in realtà non è mai stato scritto

Milano Nella foga, capita persino che la Procura di Milano combini un pasticcio che rischia di trasformarsi in un boomerang per l'indagine su Roberto Maroni, presidente della Regione Lombardia. Perché l'architrave del processo, un sms riportato tra virgolette all'interno del capo di imputazione notificato l'altro ieri, in realtà non diceva affatto quello che gli investigatori hanno voluto fargli dire. Il primo a denunciare il pasticcio è stato lo stesso Maroni, che mercoledì aveva fatto presente la sostanziale discrepanza tra l'sms originale e quello che compare negli atti dell'inchiesta. E ieri, con vistoso imbarazzo, in Procura si ammette l'infortunio, anche se se ne minimizza la portata.

Ed ecco, la cruciale differenza. L'sms è quello che il 27 giugno 2013 Giacomo Ciriello, capo dello staff di Maroni, manda a Christian Malangone, dirigente di Expo, per chiedergli di imbarcare nella delegazione ufficiale per Tokyo anche Maria Grazia Paturzo, dirigente di Expo e da sempre collaboratrice (e non solo, secondo i pm) di Maroni. «Christian il Pres ci tiene acché la delegazione per Tokyo comprenda anche la società Expo (attraverso la dott.sa Paturzo e voleva che la Paturzo viaggiasse insieme alla delegazione, quindi nella stessa classe di volo e nella stessa classe di albergo», dice l'sms riportato dal pm Eugenio Fusco nell'avviso di fine indagini. Peccato che la parte conclusiva dell'sms sia inventata di sana pianta. Cirillo non ha mai scritto che Maroni voleva piazzare la Paturzo col resto della delegazione, cioè in business class e hotel di lusso. Il vero sms si concludeva con un'altra frase, tutt'altro che perentoria, che la Procura omette: «Puoi parlarne con Sala o autorizzarne la missione?».

Bisogna tenere presente che l'accusa di concussione mossa a Maroni non poggia genericamente sul tentativo di portare la Paturzo in Giappone, ma unicamente sulle modalità del viaggio: business e 5 stelle. Come dirigente temporanea di Expo, infatti, la funzionaria avrebbe potuto tranquillamente fare parte della delegazione, ma viaggiando in classe turistica e accontentandosi di un albergo meno confortevole di quello occupato da Maroni e dal suo staff. L'sms riportato nel provvedimento della Procura sembrava inchiodare il governatore. Ma era falso. Un falso figlio non della malafede, visto che ovviamente la verità sarebbe venuta presto a galla, ma forse di una sorta di agonismo investigativo.

Adesso la Procura cerca di correre ai ripari sostenendo che quell'interpolazione rispecchiava comunque quanto emergeva da altri atti dell'indagine. Ma il processo che poteva portare alla decadenza di Maroni dalla carica, per l'accusa si apre tutto in salita.

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