Messina, il guru che fa sempre fiasco

La campagna per Renzi ultimo flop dopo Rajoy, "Bremain" e Hillary

Messina, il guru che fa sempre fiasco

È lui il vero vincitore. Quello che, malgrado il terremoto, è riuscito a uscire incolume da sotto le macerie del governo Renzi. E per aver fatto crollare tutto si è fatto pure staccare un assegnino da 400mila euro dal Partito democratico. Un vero genio del male. È il «paraguru» della comunicazione Jim Messina, di cui si sono perse le tracce da 24 ore. Eppure, quest'uomo che ha consacrato la sua vita ai numeri, alla matematica applicata alla politica, questo stratega dei flussi elettorali digitali che grazie ai «big data» avrebbe dovuto far stravincere Renzi e la Boschi, negli ultimi anni non ne ha azzeccata una.

All'inizio della sua carriera partì bene ma da un po' di tempo a questa parte sta collezionando un fiasco dietro l'altro. Dopo i successi con David Cameron e Barack Obama, nel 2016 ha curato la campagna alle presidenziali Usa di Hillary Clinton e la campagna del Partito Conservatore del Regno Unito sulla Brexit (resta nella storia un suo tweet super-fiducioso a urne appena chiuse). Tutte sconfitte. Per non parlare del fallimento in Spagna con il presidente del governo Mariano Rajoy. Per ridare un po' di smalto alla sua indebolita immagine, gli restava adesso solo la partita con Renzi, l'Italia e il referendum. Sonora sconfitta anche qui.

Tutti avevano creduto in lui nel Pd, a partire da Renzi che lo ha fortemente cercato e voluto. Il tesoriere del partito, Francesco Bonifazi, non ha avuto remore nel frugarsi nelle tasche e tirare fuori 400mila euro cash su un budget per l'intera campagna a favore del Sì, che ammontava a 2,8 milioni di euro.

Nato a Denver, in Colorado, nel 1969, e cresciuto in Idaho, Messina iniziò ad occuparsi di campagne elettorali all'inizio degli anni Novanta. Nel 2008 venne assunto come capo dello staff per la campagna elettorale di Obama alla presidenza degli Stati Uniti . Dopo la vittoria, venne nominato vice capo di gabinetto della Casa Bianca fino al 2011 . In questo periodo Messina si guadagnò il soprannome di «fixer», cioè «quello che risolve i problemi». Nel 2012 fu il capo della campagna elettorale per la rielezione di Obama.

«Big Jim» aveva con l'Italia un legame affettivo (non solo per le origini). Dopo la vittoria, infatti, si prese una lunga vacanza con casa in Toscana. Fu in questo periodo che incontrò Renzi per la prima volta. Era il 2013. Poi all'inizio del 2016 l'ingaggio.

Alcune cene super segrete con i soliti noti del Giglio magico: il ministro Maria Elena Boschi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Luca Lotti, il capo dell'ufficio stampa di Palazzo Chigi Filippo Sensi, Lorenzo Guerini, Debora Serracchiani, Francesco Bonifazi, nelle quali illustrò la sua strategia door to door per vincere. E invece alla porta sono stati messi loro.

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