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Metà dei mafiosi scarcerati sono ancora fuori. Bonafede nel mirino anche per il caos carceri

I decreti per riportare i criminali rilasciati a causa del Covid non funzionano. A Benevento i detenuti feriscono le guardie. Fdi: "Il Guardasigilli si dimetta"

Metà dei mafiosi scarcerati sono ancora fuori. Bonafede nel mirino anche per il caos carceri

Celle devastate, muri sfondati, cinque agenti della penitenziaria feriti. Il carcere di Benevento mercoledì è stato per ore teatro di una violenta rivolta, che fa invocare ai sindacati della penitenziaria un intervento del premier Conte per dichiarare «lo stato d'emergenza delle carceri», al collasso per la carenza d'organico degli agenti. Il tutto nel giorno in cui Repubblica racconta come, a quattro mesi dalla fine dell'emergenza, ben 112 sui 223 boss e detenuti scarcerati «causa Covid» e mandati ai domiciliari sono ancora a casa propria, alla faccia del decreto con il quale il Guardasigilli Alfonso Bonafede sperava di poterli riportare dietro le sbarre. E il combinato disposto riapre il fronte delle polemiche che tornano ad abbattersi sul ministero di via Arenula e sul suo primo inquilino, nonostante il Garante dei detenuti tenti di fare il pompiere ricordando che degli scarcerati la maggior parte era detenuta in Alta sicurezza, e solo uno al 41 bis.

Lo stesso Bonafede prova a fermare la tempesta e a diluire le proprie responsabilità, spiegando su Facebook di aver avviato subito «uno stretto monitoraggio per verificare l'applicazione dei due decreti antimafia» che avrebbero dovuto riportare in cella i boss dopo le scarcerazioni «decise dalla magistratura in piena autonomia e indipendenza». E ad aiutarlo, provano anche i colleghi pentastellati in Commissione giustizia, puntando il dito sulle toghe e sostenendo che, intanto, «i boss più pericolosi» sarebbero tornati nelle patrie galere.

Il tentativo di chiamarsi fuori, però, non funziona. Anche perché arrivano, sempre sul quotidiano fondato da Scalfari, parole pesanti come pietre. Sono quelle di Tina Montinaro, vedova del capo scorta di Giovanni Falcone, che definisce le scarcerazioni «un segnale devastante», e aggiunge: «Non parlatemi di svista perché la lotta alla mafia deve essere fatta da persone competenti. E alla fine, tanti boss hanno lasciato il carcere, e noi familiari delle vittime siamo rimasti rinchiusi nel 41 bis del nostro dolore, a scontare il vero ergastolo».

Così Matteo Salvini va all'attacco. «L'Italia ringhia il leader del Carroccio - non merita un governo così incapace e pericoloso». «Scandaloso» anche per la presidente di Fdi Giorgia Meloni che quei «112 mafiosi e narcotrafficanti scarcerati durante il lockdown non siano mai tornati dietro le sbarre». Quanto alla promessa di Bonafede di riportarli in cella, insiste Meloni, «era una colossale menzogna»: «Fratelli d'Italia lo ha denunciato fin dall'inizio: per riportare i boss in galera bisognava revocare, e non solo sospendere, la scellerata circolare del Dap che ha spalancato le porte del carcere», conclude, annunciando una raccolta firme «per le dimissioni immediate di Bonafede».

Nel coro che dall'opposizione chiede la testa del ministro non manca Forza Italia, che con la capogruppo al Senato, Anna Maria Bernini, bolla il mancato ritorno in carcere dei 112 come «uno scandalo inaudito che offende e umilia le vittime della mafia», e boccia l'esecutivo «implacabile nel chiudere in casa i cittadini e incredibilmente permissivo nei confronti di capi e manovali delle cosche».

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