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Migranti, blitz di Letta. Tradisce il premier sulla partita della Libia

Il dem chiede che la Ue gestisca la Guardia costiera di Tripoli: per noi un vero smacco

Migranti, blitz di Letta. Tradisce il premier sulla partita della Libia

Non è facile capire con quale governo stia oggi il segretario del Pd Enrico Letta. E ancor meno quanto gli stia a cuore l'interesse nazionale. Di certo quando propone di trasferire la gestione della Guardia Costiera all'Unione Europea, privando l'Italia di una missione fondamentale per il controllo dei flussi migratori, non sta con Mario Draghi. E ancor meno con l'Italia rappresentata dal suo esecutivo.

Per capirlo basta tornare al 6 aprile quando SuperMario in visita a Tripoli si congratulò con l'omologo Abdel Hamid Dbeibeh esprimendo «Soddisfazione per quel che la Libia fa nei salvataggi». Certo in quelle parole c'era un pizzico d'inevitabile ipocrisia. Tutti, e il presidente del Consiglio per primo, sanno bene, infatti, che tra le fila della Guardia Costiera di Tripoli si nascondono molti trafficanti di uomini trasformatisi in acchiappa migranti grazie ai fondi garantiti da Italia e Unione Europea. Ma quel pizzico d'ipocrisia nasconde consapevolezze altrettanto gravi. La prima è che abdicando a quella missione l'Italia si ritroverebbe quest'anno a gestire non solo i 25mila migranti sbarcati dal primo gennaio, ma anche i 15mila bloccati dalla tanto deprecata Guardia Costiera libica. E quello sarebbe il meno. Come ben sapeva l'ex ministro degli Interni Marco Minniti rinunciare al controllo dei flussi migratori equivale a non garantire la sicurezza dei cittadini e a minare quindi la loro fiducia nelle istituzioni. I disastrosi precedenti europei in quest'ambito contribuiscono a far comprendere la pericolosità della proposta Letta. Il primo porta il nome di Frontex, l'agenzia Ue per il controllo delle frontiere che la stessa Corte dei Conti Europea ha definito «non idonea a contrastare l'immigrazione illegale e la criminalità transfrontaliera». Seguendo la disgraziata proposta-Letta ci affideremmo dunque ad un'istituzione considerata meno che idonea dalla stessa Ue. E, guardando al passato, come dimenticare il disastro Sophia, la missione navale europea che invece di combattere i trafficanti di uomini come da mandato, finì con il ripescare oltre 45mila migranti tutti trasferiti poi nei porti italiani. Ma il precedente più grave è, forse, la riluttanza esibita da un Consiglio Europeo che nelle due ultime convocazioni ha ripetutamente respinto le richieste di un Mario Draghi deciso a discutere la questione migranti con i partner europei. L'indifferenza dell'Europa introduce un tema ancora più ampio. Continuare a gestire la Guardia Costiera mantenendo una missione della nostra Marina a Tripoli significa anche dimostrare che l'Italia di Mario Draghi, come al tempo quella di Marco Minniti, torna ed essere potenza di riferimento per la gestione della questione libica. Un ruolo restituitoci da un amministrazione statunitense che affida all'Italia di Draghi il compito di contrastare la presenza di Turchia e Russia. Svendere una parte di questo ruolo chiedendo all'Europa di sostituirci proprio nel controllo di una Guardia Costiera nata per volere dell'Italia equivale ad una dimostrazione di palese inidoneità. Ma tutto questo lo sa bene anche Letta.

Il vero problema è che, a differenza di Draghi, il segretario dem antepone - come sempre - gli interessi di bottega a quelli nazionali. E il principale interesse di bottega del Pd sul fronte sbarchi non è garantire la stabilità dell'Italia e la sicurezza dei cittadini, ma far credere ai propri «militonti» di aver risolto il problema delle vessazioni ai migranti trasferendo all'Europa la gestione della Guardia Costiera.

Un'ipocrisia bella e buona che finirebbe da una parte con il lasciare quei disgraziati alle vessazioni di sempre e dall'altra consegnare il controllo della Guardia Costiera libica non all'Europa, ma alla Turchia.

Ovvero ad un Erdogan dimostratosi un maestro nell'usare l'arma dei migranti per ricattarci a suon di miliardi.

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