Migranti e ricollocamenti: l'Ue esulta per l'accordo. Per l'Italia solita beffa

Meccanismo volontario e non obbligatorio. E basterà pagare per non accogliere nessuno

Migranti e ricollocamenti: l'Ue esulta per l'accordo. Per l'Italia solita beffa

Il commissario europeo agli Affari interni, Ylva Johansson, parla di un «accordo storico», la responsabile del Viminale, Luciana Lamorgese, si dice soddisfatta, ma per l'Italia non c'è poi di che stare così allegri per l'intesa trovata ieri a Lussemburgo tra i ministri dell'Interno di 27 Stati dell'Ue sui ricollocamenti dei migranti che sbarcano sulle coste dei Paesi che si affacciano al Mediterraneo. Già, perché non si è mica siglato l'avvio di una redistribuzione obbligatoria dei migranti, ma si è sostanzialmente dato vita ad un accordo «Malta bis» che, prevedendo ricollocamenti su base volontaria da parte dei Paesi Ue, ha fatto registrare un flop. I migranti sono rimasti per la stragrande maggioranza in Italia. Tutti, quindi, solidali a parole, ma - è risaputo - tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.

Il nuovo accordo, almeno, ci mette una pezza e stabilisce che chi non vuole migranti sul proprio territorio sarà gravato di un sostegno finanziario a favore del Paese di primo approdo. Ecco perché il ministro francese Gèrald Darmanin parla di «solidarietà finanziaria e umana». Insomma, neanche a pensarci all'auspicato meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti che, con buona pace degli italiani e di molti degli stessi migranti che vorrebbero andare all'estero, rimarranno in territorio italiano, ma, in compenso, all'Italia andrà il contentino del denaro sborsato obbligatoriamente da chi preferisce pagare piuttosto che affrontare il fenomeno migratorio.

Ai Paesi di primo approdo resteranno sul groppone, poi, le incombenze dell'identificazione di chi sbarca con il conseguente inserimento dei dati nell'Eurodac, il database europeo delle impronte digitali dei richiedenti asilo e degli stranieri entrati irregolarmente e soggiornanti senza diritto in Ue. Il regolamento sullo screening dei cittadini extraeuropei, proposto dalla Commissione europea nel settembre 2020 nell'ambito del nuovo patto sulla migrazione e l'asilo, prevede un affinamento delle regole per garantire ai Paesi maggiore sicurezza. All'accordo hanno aderito 15 Paesi su 27, la cosiddetta «piattaforma di solidarietà» che dovrà incontrarsi di nuovo nei prossimi giorni per mettere nero su bianco quanto deciso. Vede tutto positivo il ministro Lamorgese che parla di «un avanzamento di rilevanza strategica verso una politica europea di gestione condivisa dei flussi migratori equilibrata ed ispirata ai principi di solidarietà e di responsabilità» e ritiene che quest'intesa favorisca «principalmente gli Stati membri che devono affrontare gli sbarchi a seguito di operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo e lungo la rotta atlantica occidentale».

I senatori M5s della commissione Politiche europee, il capogruppo Pietro Lorefice e i membri Gianluca Castaldi, Gianmarco Corbetta e Sabrina Ricciardi, invece, mettono in evidenza le falle dell'accordo: «Anche quest'estate, che sarà critica a causa della crisi alimentare in Africa - dicono - l'Italia sarà lasciata sola nella prima accoglienza dei migranti, dovendo farsi carico della schedatura iniziale dei nuovi arrivati, e nell'accoglienza di secondo periodo, fatto salvo per qualche limitato e volontario

ricollocamento. Il rischio è che questo sistema, che prevede che chi non vuole accettare la sua quota di migranti offra aiuti economici ai Paesi di prima accoglienza, paghi il nostro Paese per diventare il campo profughi d'Europa».

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