Tutte le bugie sui migranti che ci pagano le pensioni

Lo studioso: "Sono un'opportunità, ma non è vero che senza di loro le pensioni non sarebbero garantite"

Tutte le bugie sui migranti che ci pagano le pensioni

«È falso dire che senza gli stranieri non riusciamo a pagare le pensioni». Alberto Brambilla, presidente Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, non ha dubbi nel sostenere che, in materia di immigrazione, spesso, i numeri smentiscono l'ideologia, proprio come dimostra una ricerca che ha condotto insieme a Natale Forlani, ex Direttore generale della Direzione dell'Immigrazione presso il Ministero del Lavoro.

Com'è nato il vostro studio?

«La nostra ricerca era una risposta doverosa alle tesi della Fondazione Leone Moressa e di altri soggetti come la Caritas. Ci siamo chiesti se è vero che, se non ci fossero gli extracomunitari, l'Inps non garantirebbe le pensioni. Questo non è vero perché dei 23 milioni e 300mila contribuenti reali dell'Inps gli stranieri sono meno di 3 milioni. Ma non solo. I redditi degli italiani sono abbastanza alti (vanno dai 18 ai 30mila euro), mentre tra gli stranieri il reddito medio è tra i 9mila e i 12mila e 700 euro. Rifacendo i conti, sulla base dei dati Inps, risulta che i contributi degli stranieri non sono 11 miliardi, come sostenuto dalle organizzazioni che ho già citato, ma sono al massimo 4-5 miliardi. Col metodo di calcolo contributivo, poi, risulta che i contributi sono un credito per gli stranieri e un debito per l'Inps. E, infine, esiste una convenzione internazionale che ci impone di trasferire questi soldi al Paese d'origine qualora gli stranieri, una volta andati in pensione, decidano di tornare nella loro patria».

Quali altre criticità avete evidenziato nelle tesi di chi ritiene che i migranti siano una risorsa indispensabile per il nostro Paese?

«Anche l'affermazione secondo cui gli extracomunitari contribuiscano enormemente all'economia nazionale mi ha fatto sobbalzare. Nel mio ultimo libro, infatti, ho messo in evidenza che gli extracomunitari non sono un guadagno, ma casomai un investimento che necessita di molte risorse. La Germania investe sull'immigrazione perché assume solo i tunisini specializzati che servono alle imprese tedesche e predispone per loro dei corsi di formazione ad hoc. In Italia, invece, tutte le entrate provenienti dagli extracomunitari sono 16-17 miliardi, a fronte di 11,6 miliardi di spese per la sanità e altri 20 miliardi per il resto dei servizi. Stiamo a 32 miliardi di costi contro 16 miliardi di introiti. Ed è normale che sia così perché gli stranieri sono un investimento».

La Coldiretti e la Confindustria sostengono che, senza l'assunzione di 83mila stranieri, si fermerebbe l'intera filiera agro-alimentare e quella turistica. Lei cosa ne pensa?

«Non sono d'accordo. Secondo i miei dati abbiamo 5 milioni e 600mila persone che sono in povertà assoluta, altri 8, 6 milioni di persone in povertà relativa. Possibile che su totale di 14,3 milioni di italiani di cui più di 8 milioni in età da lavoro non si riescano a trovare 83mila persone che, con un contratto regolare, vadano a raccogliere la frutta e la verdura? Ricordo, infine, che noi siamo il Paese Ocse con il più basso tasso di occupazione».

Ma, quindi, in definitiva, i migranti sono una risorsa per l'Italia?

«I migranti, se ben selezionati, sono un'opportunità. L'Italia è il quinto Paese per accoglienza in Europa con oltre 7,3 milioni di extracomunitari. Bisogna guardare i numeri e non le ideologie. La verità è che, all'alba del 2030, l'Italia deve sapere chi e cosa vuole ed è necessario avere una pubblica amministrazione che funzioni.

La nostra pubblica amministrazione, nel campo dell'accoglienza dei migranti, è un colabrodo. La sinistra, prima di riempirsi la bocca di tante belle parole, dovrebbe spiegare cosa ha realmente fatto per gli extracomunitari negli 11 anni in cui ha governato. La verità è che non ha fatto nulla».

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