Il perno resta la poltrona di Palazzo Chigi. E in funzione di quella si occupano le possibili caselle dei ministri, in un toto nomi sempre più febbrile con il passare delle ore che separano i partiti dalla salita al Colle. Al tavolo della possibile intesa M5s-Pd si limano le rose dei candidati di un nuovo governo giallorosso, sotto i veti incrociati delle due delegazioni.
Giuseppe Conte, il presidente del consiglio che dal G7 a Biarritz ha chiuso il suo personale forno con la Lega, resta la condizione irrinunciabile posta da Luigi Di Maio per un'intesa con i democratici. L'unica via per far digerire forse alla base grillina un'alleanza con quello chiamato fino all'altro ieri il «partito di Bibbiano». E anche un modo per Di Maio di non essere scavalcato da quello che invece sarebbe l'inquilino di Palazzo Chigi ideale agli occhi dei dem, il presidente della Camera e leader dell'ala sinistra del Movimento, Roberto Fico. Ma sul segretario del Pd Nicola Zingaretti è fortissimo il pressing dei gruppi parlamentari controllati dai renziani, che chiedono di far cadere il veto nei confronti di Conte. Veto che ieri sera è sostanzialmente caduto. Alle condizioni, però, poste dallo stesso Zingaretti relative alle altre poltrone del Consiglio dei ministri.
Di certo la mediazione che il leader del Pd avrebbe preferito prevedeva un premier «politico» in grado di garantire un governo di legislatura come sollecitato dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Dall'altra parte del campo, quella leghista, continuano fino all'ultimo le sollecitazioni di Salvini a Di Maio con l'offerta di una premiership all'ex alleato se cedesse a un ritorno di fiamma col Carroccio.
Intanto sui tavoli democratici si prova a riempire le caselle del possibile esecutivo: se il Conte bis andasse in porto al Pd il M5s dovrebbe concedere posti di peso. Si ragiona su Interni, Esteri ed Economia. E sulla poltrona di vicepremier, che potrebbe andare a Dario Franceschini. In pole al posto dell'attuale ministro Tria, che pure non è sgradito ai dem e ai cinque stelle, ci sarebbe il senatore Antonio Misiani, responsabile Economia del partito. L'ex premier Paolo Gentiloni sarebbe in lizza come commissario europeo, ma potrebbe in alternativa tornare alla Farnesina, anche se le quotazioni dell'attuale ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi restano alte. Per il Viminale c'è l'ipotesi di Marco Minniti, già ministro dell'Interno, noto per il rigore con le ong e non inviso ai cinque stelle. Ma circola con insistenza anche il nome del capo della polizia Franco Gabrielli, caldeggiato da Matteo Renzi, e quello di Lorenzo Guerini, oggi al Copasir. Alle politiche giovanili papabile è Francesco Scoppola, presidente dell'Agesci.
Sul fronte M5s potrebbero restare al loro posto Elisabetta Trenta, ministro della Difesa entrata in contrapposizione con Salvini, e Alberto Bonisoli, ministro dell'Istruzione. Quasi certo invece l'addio di Danilo Toninelli: al suo posto alle Infrastrutture, che i Cinque stelle vogliono tenere saldamente in mano, viene dato per favorito Stefano Patuanelli, attuale capogruppo al Senato. In questo caso Toninelli potrebbe sostituirlo a Palazzo Madama.
Nella lista dei potenziali ministri in pectore sono anche Vincenzo Spadafora e Lorenzo Fioramonti, che potrebbe andare allo Sviluppo Economico conteso con la vice segretaria dem Paola De Micheli.
Ma si fanno anche i nomi dei dem Graziano Delrio e Andrea Marucci. Cedendo ministeri importanti, Di Maio punta a tenersene stretti altri: la Giustizia, con Alfonso Bonafede, l'Ambiente, con Sergio Costa, e la Salute, con Giulia Grillo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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