Sembrava una storia sorpassata, ormai risolta senza ammaccature. E invece no. La giustizia italiana, più imprevedibile di un quiz, colpisce a sorpresa Augusto Minzolini e lo condanna a 2 anni e 6 mesi per peculato. Un colpo di scena inatteso, perché l'anno scorso l'ex direttore del Tg1, oggi senatore di Forza Italia, era stato assolto in primo grado dalla stessa accusa. E invece la carta di credito finisce con l'inguaiare, a scoppio ritardato, il parlamentare. «Sono allibito, esterrefatto, senza parole», spiega Minzolini al Giornale . Più o meno gli stessi concetti scanditi dai suoi legali, Franco Coppi e Fabrizio Siggia: «È una sentenza che ci lascia interdetti».
Oggetto della querelle i 65mila euro spesi con la carta dall'allora direttore del Tg1 nell'arco di due anni e mezzo. Si tratta di soldi relativi a pranzi e colazioni di lavoro, compresi nel periodo 2009-2011.
Al momento nessuno ha nulla da eccepire. Poi, a distanza di un anno e mezzo dall'uscita del giornalista dalla Rai, si scopre che qualcosa non quadra. Vengono riesaminate le spese, pari a 65mila euro. E si profila un reato pesantissimo: il peculato. Si va così al processo, con il doppio verdetto: prima l'assoluzione, ora la condanna.
«Questa è una vicenda paradossale - aggiunge Minzolini - quando sono passato dalla Stampa al Tg1 ho chiesto che mi fosse lasciata la carta di credito. E la Rai aveva dato l'ok. Quello era un benefit compensativo». Del resto è arduo immaginare che una promozione a direttore, per di più del Tg più blasonato, possa coincidere con un trattamento economico più sfavorevole. E però la Rai fa presente che la carta non era un benefit ma una facility . Minzolini ha sempre presentato le ricevute degli esborsi, ma non ha indicato i nomi dei suoi ospiti. E questo sarebbe sufficiente per far scattare il peculato. Almeno a leggere il verdetto dei giudici d'appello. «Faccio notare - riprende Minzolini - che io ho restituito quei 65mila euro, anche se ritenevo e ritengo di avere ragione. Ma il giudice del lavoro a suo tempo ha ordinato alla Rai di ridarmeli indietro. E anche la Corte dei conti e l'Ordine dei giornalisti hanno archiviato la pratica». Pure il tribunale aveva ritenuto non censurabile il comportamento di Minzolini ma la Corte d'appello ha capovolto quel ragionamento e ora occorrerà attendere le motivazioni per saperne di più. Per ora si possono solo fare ipotesi. «Non c'era alcuna indicazione nel regolamento dell'azienda televisiva - scrivono Coppi e Siggia - su come giustificare e rendicontare le spese. Lo prova il fatto che per 18 mesi la Rai non ha avuto nulla da ridire». E Minzolini, angosciato, si chiede su Twitter : «Dov'è la certezza del diritto?». Ora le sue chance sono affidate alla Cassazione. La Suprema corte potrebbe rovesciare di nuovo il verdetto.
È la lotteria del
nostro sistema giudiziario. La scorsa settimana proprio la Cassazione ha «riabilitato» gli stilisti Dolce e Gabbana, condannati in primo e secondo grado per illeciti fiscali. I colpi di scena, in aula, non finiscono mai.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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