Roma - L'accordo sembra acquisito: la presidenza della Camera al M5s, quella del Senato al centrodestra. Luigi Di Maio, però, si spinge oltre e mette il veto su condannati o imputati. Un diktat che andrebbe a colpire la candidatura più forte, quella di Paolo Romani, per una vicenda dai contorni surreali.
Presidente Romani, cosa pensa di questo veto?
«Guardi, mi scoccia dovermi difendere tanto la vicenda è assurda. Anni fa ero ministro dello Sviluppo e assessore a Monza. Come assessore mi venne assegnato un telefonino, ero spesso lontano e mia figlia quindicenne lo prese. Io me ne accorsi quando mi arrivò una bolletta da 12mila euro di traffico dati».
Quale reazione ebbe?
«Andai subito a risarcire la somma tanto che l'amministrazione di centrosinistra non ha ritenuto di costituirsi parte civile non sussistendo alcun danno. Peraltro la gran parte della somma avrei dovuto rimborsarla a fine mandato essendo solo un forfait di minima entità a carico dell'amministrazione».
Lei ha dovuto affrontare un processo per questa vicenda.
«Non credo che se mi fossi chiamato Mario Rossi sarebbe successo. Sinceramente credo di potermi permettere i 25 euro di una scheda Internet illimitata. La vicenda è stata rinviata dalla Cassazione alla Corte d'Appello per la revisione della sentenza in virtù della tenuità del fatto».
È stata una vicenda pesante a livello familiare?
«Mia figlia ha incautamente ma inconsapevolmente usato un dispositivo di cui ammetto di aver dimenticato l'esistenza. Questo ha comportato per lei trovare nome e foto sui giornali con tutte le conseguenze immaginabili con amici, conoscenti e social. La mia assenza e la mancata vigilanza le hanno causato un danno di cui francamente non mi perdono».
È un veto pretestuoso quello di Di Maio?
«Certamente. Sono convinto che il giudizio sulla figura di un politico non possa prescindere dai suoi comportamenti, dal suo rapporto con regole e istituzioni, e anche in questo caso ho cercato di adeguarmi alla massima correttezza e sollecitudine. Una mia mancanza riguarda il ruolo di padre. Se sono in possesso di quelle qualità necessarie per la guida del Senato vorrei fosse giudicato in base al mio operato e alla mia esperienza politica».
Lei teme che di veto in veto si possa tornare a votare?
«Il rischio c'è. Noi siamo contrari, primo perché il Paese ha bisogno di essere governato, a partire dalla legge di Bilancio. Secondo perché questa legge ha già un correttivo maggioritario. Noi con il 37% prendiamo il 42% dei seggi. Assegnare la maggioranza a chi è sotto il 40% sarebbe a rischio di costituzionalità».
Salvini vuole davvero fare il premier?
«Credo sia voglioso di provare a fare un governo. Certo ci vorranno tempi lunghi e il capo dello Stato avrà un ruolo importante».
Un governo con M5s?
«Complicato. È possibile che possa nascere un governo che si confronti con M5s - forza post-ideologica - su alcune proposte concrete».
Il Pd è tagliato fuori?
«Chiedergli di rispondere ora sarebbe inappropriato. Ma il tempo può essere un buon medico e più avanti potrebbe servire la responsabilità di tutti».
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