Si poteva scommettere ad occhi chiusi dopo il trionfo di Zohran Mamdani a New York: in 48 ore il nuovo sindaco della Grande Mela è diventato il nuovo profeta e l'ispiratore delle ricette della sinistra italiana. Elly Schlein ha copiato il giorno seguente la tassa sui grandi patrimoni. Ora che Mamdani abbia riscosso un successo importante è innegabile, ma il significato delle ultime elezioni al di là dell'Atlantico che hanno visto soccombere il trumpismo e mandato su tutte le furie The Donald è più complesso. E analizzando il risultato per intero potrebbe servire da lezione alla sinistra italiana non solo su come si vincono le elezioni ma anche su come si sta al mondo. Oltre che a New York, infatti, il partito democratico ha vinto in New Jersey con Mikie Sherrrill e in Virginia, che finora era stata governata dai repubblicani, con Abigail Spanberger. La novità dal punto di vista del costume è che per la prima volta i due Stati avranno al vertice due donne. Sul piano politico, invece, l'aspetto più interessante è che si tratta di personaggi molto diversi da Mamdani, quasi agli antipodi. Sono entrambe moderate per cultura e per storia e lo rivendicano: la Sherrilll è un ex-ufficiale di marina, la Spanberger un'ex- funzionaria operativa della Cia, ha lavorato cioè in quei servizi segreti maltrattati non poco da Trump. Se i democratici avessero chiesto aiuto all'intelligenza artificiale per individuare due profili opposti al mussulmano, terzomondista, socialista democratico Mamdani, avrebbero ricevuto il loro.
Non si tratta di una contraddizione ma di una ricchezza. Potremmo definirla "la teoria del coro" l'unica capace di togliere voti al trumpismo. È l'uovo di Colombo che da noi gli stati maggiori di Pd, Avs e 5stelle hanno difficoltà a capire: in un sistema bipolare - e anche in Italia dopo la nascita del "campo largo" la vittoria delle prossime elezioni se la contenderanno due schieramenti (Calenda in questa situazione è un pesce fuor d'acqua) - se vuoi importi devi mettere in piedi una coalizione con anime diverse addirittura diversissime per poter parlare al maggior numero di elettori e rappresentarli. Basta leggere le riflessioni di un politologo acuto come Yascha Mounk che nota, ad esempio, come Mamdani sia stato eletto solo grazie al 50% dei voti mentre i suoi predecessori molto di più: Adams 66%, De Blasio 73%. Questo per dire che l'identikit di Mamdami può imporsi nella Grande Mela che è cosa ben diversa dall'America profonda dove per vincere c'è bisogno di altro. Motivo per cui il partito Democratico per essere competitivo tenta di essere plurale, inclusivo. Appunto, un coro.
Ora in Italia questo approccio dovrebbe essere più semplice visto che parliamo di coalizioni, non di un unico partito. E invece no. O meglio "la teoria del coro" grazie al Cav fa parte, non da ora, della cultura politica del centro-destra: a ben guardare, infatti, l'europeismo di Forza Italia ha poco a che spartire con il sovranismo di Salvini eppure i due partiti sono nello stesso schieramento. C'è una rappresentazione ampia della società italiana, magari contraddittoria, che trova mediazioni all'interno della coalizione. Nel "campo largo", invece, finora si è imposta la logica dell'excludendum nel nome dell'identità, non dell'includendum. Le aree moderate ci sono ma sono nascoste, tenute ai margini, addirittura costrette a cambiare nome (vedi i renziani). È un'idea perdente della politica che fa a botte con i principi del bipolarismo. È come giocare a briscola con le regole della scopa e a scopa con quelle del tressette.
Ecco perché la Schlein dovrebbe analizzare le ragioni della vittoria democratica per intero e rendersi conto una buona volta che nel "coro democratico" oltre al socialista mussulmano c'è pure la Cia. Sono i compromessi che deve accettare chi aspira a governare.