Il ministro degli Esteri, Enzo Moavero Milanesi, paragona i migranti italiani della tragedia di Marcinelle a quelli che arrivano oggi e la Lega lancia un siluro. Sessantadue anni fa 262 minatori, tra cui 136 italiani, morirono nell'incendio della miniera di carbone. Le versioni fra il messaggio scritto di Moavero e le parole riportate dalle agenzie di stampa che sarebbero state pronunciate alla celebrazione dal ministro, però divergono.
«Non dimentichiamo che Marcinelle è una tragedia dell'immigrazione, soprattutto ora che tanti vengono in Europa - avrebbe detto Moavero - Non sottostimiamo la difficoltà di gestire un tale fenomeno ma non dimentichiamo che i nostri padri e nonni erano migranti». Sul sito della Farnesina il discorso scritto è più sfumato: siamo stati «una nazione di emigranti. Non scordiamoci mai dei loro sacrifici (dei nostri nonni e padri). Pensiamoci quando vediamo arrivare in Europa i migranti della nostra travagliata epoca».
Poche ore dopo i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo replicano a muso duro. «Paragonare gli italiani che sono emigrati nel mondo, a cui nessuno regalava niente né pagava pranzi e cene in albergo, ai clandestini che arrivano oggi in Italia è poco rispettoso della verità, della storia e del buon senso» sostengono i leghisti in un comunicato. Il «siluro» politico è micidiale, ma non imprevisto. Moavero è l'anello debole del governo gialloverde. Scialbo dal punto di vista politico aveva già fatto storcere il naso alla Lega con dichiarazioni troppo arrendevoli sull'operazione europea Sophia, che continua a sbarcare i migranti solo in Italia. L'incauto paragone con Marcinelle ha dato fuoco alle polveri.
E il delicato tema dell'immigrazione ha provocato ieri l'ennesimo esposto contro il governo presentato alla procura di Napoli per il rimorchiatore italiano Asso 28, che una decina di giorni fa, su richiesta della Guardia costiera libica ha riportato verso Tripoli 101 migranti soccorsi in mezzo al mare. Non è un caso che la denuncia sia stata preparata dagli avvocati Danilo Risi ed Elena Coccia. Il primo, presidente dei Giuristi democratici di Napoli, si è candidato al Senato con i comunisti duri e puri di Potere al popolo. La seconda è consigliere comunale nel capoluogo partenopeo per l'estrema sinistra di Sel.
Nell'esposto si denuncia che i migranti sono stati riportati in Libia, «porto non sicuro senza alcuna possibilità di avanzare domanda di asilo o di protezione internazionale». I pasdaran pro migranti non lo citano, ma è evidente il riferimento a Matteo Salvini e alla sua linea di fermezza al Viminale. Nel mirino finisce anche il ministro grillino Danilo Toninelli responsabile del Centro di soccorso della guardia costiera a Roma tirato in causa.
Curioso che fra la trentina di firmatari ci sia anche Mauro Volpi, docente universitario, che lo stesso Toninelli interpellava nel 2016 in video su YouTube con il logo del Movimento 5 stelle per «le ragioni del no» al referendum sulla riforma costituzionale di Matteo Renzi. L'unico personaggio noto del mondo intellettuale, che sottoscrive l'esposto, è Moni Ovadia, pro sinistra estrema del greco Tsipras.
Primo firmatario è il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, seguito da Guido Calvi, eletto con i voti del Pd al Csm.
Pasdaran dell'accoglienza che hanno sottoscritto la denuncia e indossato la toga sono Luigi Ferrajoli e Livio Pepino, strenuo difensore dei No Tav da quando è andato in pensione. Fra i politici dell'esposto pro migranti spiccano un paio di ex sottosegretari. Alfonso Gianni del governo Prodi e Vincenzo Maria Vita, che è stato sottosegretario per quattro esecutivi di centrosinistra.
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