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Monte Paschi, Ita e rete unica. Ecco i dossier a rischio stallo

La ritardata vendita della compagnia aerea costa altri 400 milioni. E il salvataggio di Mps resta in alto mare

Monte Paschi, Ita e rete unica. Ecco i dossier a rischio stallo

Il caos politico rischia di risucchiare con sé diversi dossier strategici per l'Italia, dalla vendita di Monte Paschi, a quella di Ita Airways fino a Tim e all'ex Ilva.

Un governo dimissionario e limitato alla «gestione degli affari correnti», infatti, dovrà affrontare la partita Monte dei Paschi di Siena. Il Tesoro è azionista al 64,2% e ha già confermato il suo sostegno all'aumento di capitale da 2,5 miliardi per finanziarie il rilancio dell'ad Luigi Lovaglio. Lo Stato quindi sborserà oltre 1,6 miliardi a supporto di un piano che prevede uscite volontarie per 4mila persone, taglio dei costi e la riduzione delle filiali di 150 unità. L'avvio dell'aumento deve avere l'ok dell'assemblea degli azionisti previsto per la metà di settembre, partire poco dopo e concludersi non oltre metà novembre, dopo avere ottenuto luce verde da Bce e Commissione Ue. Le nuove risorse sono strategiche per rendere appetibile Mps in vista di un eventuale compratore (Bruxelles infatti chiede la privatizzazione).

Un altro dilemma è la cessione di Ita Airways. Nel 2021 l'ex Alitalia ha bruciato quasi 2 milioni di euro al giorno. Anche se il presidente esecutivo di Ita, Alfredo Altavilla, ha dichiarato pochi giorni fa che a giugno l'azienda ha chiuso il primo mese in attivo. Nel governo ci sono opinioni diverse circa il fatto che l'attuale esecutivo possa concludere o meno la vendita. Intanto, però, il prossimo 28 luglio ci sarà un cda di Ita Airways, dove si parlerà anche dell'aumento di capitale da 400 milioni di euro promesso alla compagnia aerea. Si tratta della seconda tranche di risorse, che si andrebbero ad aggiungere ai 700 già versati dal ministero dell'Economia. E più la privatizzazione si rinvia (sono due le cordate che hanno presentato offerte) e più il conto sale: perché l'Europa ha autorizzato a versare 1,35 miliardi complessivi, di cui altri 250 previsti per il 2023.

Tim è un'altra questione delicata: c'è un memorandum of understanding firmato da Tim, Cdp, Open Fiber, Kkr e Macquarie per dare compimenti al riassetto di Tim con la scissione della rete dai servizi (che si fonderebbe con Open Fiber) e l'obiettivo di ridurre in questo modo l'indebitamento dagli attuali 17 miliardi a 5. In 18 mesi, l'ad Pietro Labriola vuole arrivare alla stretta finale. Da una parte, però, Vivendi alza il prezzo della rete e ora pensa che potrebbe valere fino a 34 miliardi (contro i 25 stimati da Tim). Dall'altra, gli analisti pensano che difficilmente un affare così rilevante possa essere concluso da un governo dimissionario. Ed è da vedere cosa farà chi verrà dopo.

Chiude il bouquet di dossier Acciaierie D'Italia, l'ex Ilva, con la gestione compartecipata ArcelorMittal-Invitalia che ha chiuso il 2021 con un utile netto di 300 milioni e un fatturato di 3,3 miliardi. Purtroppo, però, il debito con i fornitori è ancora molto alto, tra cui una pendenza importante con Eni. Il varo della Garanzia SupporItalia potrebbe sbloccare un finanziamento con garanzia Sace da 500 milioni per Acciaierie d'Italia che sta per ottenere un prestito da 250 milioni da Unicredit.

Di certo l'azienda non può essere lasciata a se stessa, con un target di produzione da 5,7 milioni di tonnellate di acciaio per il 2022 in un momento in cui mancano materie prime per fare qualsiasi cosa.

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