Da moralizzatori a moralisti

Da moralizzatori a moralisti

Il curriculum del professor Conte è «vanitoso ma non scorretto», titolava ieri Il Fatto Quotidiano, e può anche darsi che sia vero, che siamo di fronte a un uomo onesto e solo un po' narciso, oppure un po' fragile, insicuro, bisognoso di apparire più di quel che è. Ma il problema non è un curriculum, il problema è il doppiopesismo perché altri, come la Madia e la Fedeli, sono stati crocefissi per cose simili: magari giustamente, ma crocefissi; e uno come Oscar Giannino, che si aggiunse un po' di titoli nel presentar se stesso, è dovuto scomparire dalla politica: magari giustamente, ma è dovuto scomparire.

Così la multa di cinquantaduemila euro da parte di Equitalia pagata dal professor Conte è solo figlia di un disguido, dice il suo commercialista e dicono i grillini, e può darsi che sia vero, ma chiunque abbia avuto a che fare con Equitalia è stato egli pure crocefisso evasore! da parte di tutto quel mondo lì, grillini e dintorni. Ecco perché il problema è il doppiopesismo, che poi vuol dire faziosità, disonestà intellettuale.

È stato più onesto Marco Travaglio, che a Otto e mezzo ha detto di essere stupito (era l'altra sera) del fatto che Conte non avesse ancora chiarito, e ha aggiunto che «se non chiarirà al più presto non sarà degno di essere premier». Non so se sia giusto, ma sicuramente è coerente con la morale che è stata applicata agli altri. Però poi Travaglio ha aggiunto che contro Conte e contro il governo che sta nascendo è in corso «una guerra preventiva», e qui dissento in modo civile, mi pare perché preventiva un corno: il curriculum Conte lo ha già presentato, a un organo dello Stato per giunta, e per candidarsi a ministro; e il programma i gialloverdi lo hanno già presentato, la spesa pubblica senza copertura è lì da vedere, il no alle grandi opere è lì da vedere, il taglio alle pensioni è lì da vedere, e così via. «Preventiva»?

E non è vero neanche che i «grandi giornaloni» sono diventati all'improvviso cani ringhiosi contro questo governo che sta per nascere, dopo essere stati cani di compagnia di tutti i precedenti governi. I «grandi giornaloni» sono stati cani di compagnia dei tre governi Berlusconi? Andiamo.

Grillo e i suoi aedi continuano a urlare contro giornali e giornalisti, aizzando spesso sulla rete i loro killer da tastiera. Ma senza i giornali e i giornalisti i Cinque Stelle non sarebbero mai nati perché è dal 1992 che la stragrande maggioranza dei media italiani dipinge i politici come tutti ladri, l'Italia come uno dei Paesi più corrotti del mondo, la classe dirigente come una casta di intoccabili. Intendiamoci: molte di quelle denunce furono sacrosante (molte altre no), ma l'immagine complessiva dell'Italia che è uscita sui media da venticinque anni a questa parte è quella di un Paese che fa schifo, molto più di quanto non lo faccia davvero: ed è su questa immagine che è montato il rancore che fa vincere le elezioni.

Denunciare un curriculum sospetto è «la reazione disperata della casta», ha detto Grillo. Però lui e i suoi non hanno mai saputo far nulla di diverso: andare a caccia dei peccati degli altri, indignarsi contro gli altri, dar la colpa agli altri, accusare gli altri di immoralità.

C'è solo, nella loro storia, il dirsi immacolati e il puntare il dito contro gli altri: ovunque hanno governato hanno fallito, l'unico sindaco buono che avevano Pizzarotti l'hanno sbattuto fuori. E oggi si indignano se qualcuno eccepisce sul curriculum gonfiato del loro candidato premier. Ma chi di moralismo ferisce...

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