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Morire diventa un diritto (ma il medico può rifiutarsi)

Biotestamento: il paziente potrà abbandonare le cure. Prevista l'obiezione per chi non vuol staccare la spina

Morire diventa un diritto (ma il medico può rifiutarsi)

Roma - Il paziente avrà il diritto di abbandonare le cure, anche di rifiutare l'idratazione e la nutrizione artificiale, e ricorrere alla sedazione palliativa profonda. No all'accanimento terapeutico, dunque, ma anche «nessun abbandono terapeutico», sottolinea la relatrice, Donata Lenzi, Pd. E il medico potrà rifiutarsi di «staccare la spina» che tiene in vita il malato.

Emendamento dopo emendamento della commissione Affari sociali, con il governo neutrale che si «rimette all'aula», sta prendendo vita il provvedimento sul testamento biologico che oggi dovrebbe concludere il suo iter alla Camera e passare al Senato per l'approvazione definitiva. L'esame del ddl - iniziato lo scorso aprile con un'inedita maggioranza composta da Pd, M5S, Mdp e Sinistra italiana - è più che mai attuale dopo i recenti casi di eutanasia assistita in Svizzera, anche se la Lega aveva chiesto di invertire l'ordine dei lavori per cominciare dalla legittima difesa.

Un passaggio chiave è stato l'eliminazione del sesto comma dell'articolo 1, che impediva l'abbandono terapeutico in caso di rifiuto del trattamento sanitario indicato dal medico, con l'approvazione di un emendamento al ddl sulle disposizioni anticipate di trattamento, passato a larghissima maggioranza. Adesso il medico sarà tenuto a rispettare la volontà espressa del paziente di rifiutare le cure senza per questo incorrere in responsabilità civili o penali, mentre il malato non potrà esigere trattamenti sanitari «contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche clinico assistenziali». Viste le polemiche suscitate dall'emendamento, la relatrice è intervenuta per spiegare la ratio della modifica: «Se il paziente ha chiesto che le cure vengano interrotte, tutti devono rispettare questa decisione e quindi per il medico non ci sono conseguenze sul piano penale. Anche la libertà del paziente, però, incontra dei limiti, perché in questa proposta di legge non parliamo solo di fine vita, idratazione e nutrizione ma del consenso informato relativo a tutto, ad esempio a cure e farmaci che si possono acquistare, a terapie che vanno contro il dato scientifico, come i casi Stamina o la «cura Di Bella». Il tema delle cure palliative e quello del fine vita sono stati spostati in un articolo a parte. L'emendamento approvato stabilisce che il medico si debba astenere dall'accanimento terapeutico, ora definito «ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure nella fase finale della vita», e si prevede esplicitamente il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua quando necessario per controllare dolori insopportabili.

L'approvazione dell'emendamento che riconosce al medico la possibilità di non rispettare la volontà del paziente che voglia interrompere il trattamento, ha rotto l'asse Pd-M5S che aveva finora caratterizzato l'iter della legge. I pentastellati hanno votato contro perché «introduce una forma di obiezione di coscienza». L'articolo 1, uno dei capisaldi del provvedimento, ha ottenuto così il via libera alla Camera. Dispone che la legge sul biotestamento (che dovrà essere adottata anche dalle cliniche private) tuteli il diritto alla vita, alla salute, ma anche il diritto alla dignità e all'autodeterminazione, e prevede che nessun trattamento possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso della persona interessata. Il consenso informato è l'atto fondante della relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente ed è espresso in forma scritta. Nel caso in cui le condizioni fisiche del malato non lo permettano, verranno utilizzati strumenti informatici di comunicazione, videoregistrazioni o altri dispositivi che consentano di esprimerlo. In serata, ieri, sono cominciate le votazioni degli emendamenti all'articolo 2 sul consenso informato di minori e persone incapaci.

Ne è passato uno nel quale si spiega che devono essere messi in condizione di esprimere la loro volontà.

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