Cronache

La morte choc in ospedale: Sofia stroncata dalla malaria

La piccola aveva 4 anni. Vacanze in Italia, ad agosto in ospedale con due bimbi malati. «Un contagio autoctono»

La morte choc in ospedale: Sofia stroncata dalla malaria

Un male di quelli antichi, fin dal nome: come la peste, o la pellagra. Un nemico con cui pensiamo di non dover più fare i conti, nella spensieratezza della modernità. Invece la malaria incontra Sofia. E per Sofia non c'è scampo. Smette di respirare alle 12,15 di lunedì, nel reparto di terapia intensiva degli Spedali Riuniti di Brescia. Lascia due genitori disperati e increduli, perché se perdere un figlio è una tragedia incalcolabile, come si può spiegare a una madre o a un padre che Sofia la malaria non può averla presa, perché non ha fatto i viaggi né affrontato i rischi che potevano esporla al plasmodium falciparum, il parassita che la uccisa? Ma in un punto della sua breve vita Sofia ha incontrato il male. Addio, bambina.

Accanto alla incredulità della famiglia, c'è, palpabile, quella dei medici: quelli in prima linea, i dottori che prima al Santa Chiara di Trento, poi a Brescia si sono trovati davanti Sofia che precipitava verso il coma: e poi a salire i loro capi, i vertici delle Asl, il ministero, l'Istituto superiore di sanità. Tutti costretti a fare i conti con un morte che le conoscenze attuali non giustificano. E poiché la morte è certa, le conoscenze sono sbagliate. Vanno riviste, per capire quando Sofia abbia incontrato la malaria, e per impedire che accada ad altri.

Tutto accade in ventiquattr'ore, tra domenica e lunedì: Nella sua casa di Trento Sofia Zago ha la febbre alta, non scende con la tachipirina, papà Marco e mamma Francesca la portano al pronto soccorso del Santa Chiara, il maggiore ospedale trentino. Analisi del sangue, e diagnosi rapida e corretta: malaria. Ma le condizioni della bambina precipitano. I medici trentini non si sentono - a ragione o torto - in grado di fronteggiare l'emergenza. Partono con la terapia a base di chinino, ma intanto telefonano a Brescia dove c'è un centro avanzato per le malattie tropicali, e dove accettano di prendere in carico Sofia. Parte l'elicottero. Ma quando arriva a Brescia, alle 17 di domenica, la bambina è praticamente in coma. Infatti non viene ricoverata nel reparto per le malattie tropicali, ma in rianimazione pediatrica. «Qui insieme al chinino le abbiamo dato un farmaco ancora più potente non ancora in commercio - racconta Frida Fagandini, direttore sanitario - e ha funzionato, perché il plasmodium, il parassita, è stato debellato. Ma ormai aveva aggredito il cervello, e la situazione non era reversibile». Alle 12,15 viene dichiarato il decesso.

Nel giro di poche ore, scattano i protocolli nazionali d'allerta e le inchieste parallele delle procure di Trento e Brescia. I pm di Brescia sequestrano la cartella clinica e anche il corpo di Sofia, per sottoporla a una autopsia che i medici non avevano considerato necessaria, tanto è chiara la causa della morte, e che servirà solo ad aggiungere strazio a strazio alla famiglia. Il problema non è capire cosa abbia ucciso Sofia, ma come sia potuto accadere.

«In teoria - spiega il direttore generale di Brescia, Ezio Bellori - questo parassita può venire portato dalle nostre zanzare, ma alle nostre latitudini non è considerato possibile». E se ci fosse una mutazione genetica, figlia dei cambiamenti climatici, come quella che ha fatto sbarcare in Italia il virus del Nilo? «É una ipotesi - dice la Fagandini - per questo si sta lavorando alla campionatura delle zanzare».

L'altra ipotesi è che Sofia abbia contratto la malaria per contagio, nei due giorni a cavallo di Ferragosto in cui è stata ricoverata al Santa Chiara per un sospetto di diabete, ed era in reparto (non in stanza) con due bambine ammalate di malaria: ed è questa l'ipotesi che nel pomeriggio di ieri il ministro della Salute Beatrice Lorenzin privilegia. «Ma il parassita non passa per contatto - dice la Fagandini - serve uno scambio di sangue, una trasfusione, una siringa sporca.

E i protocolli, soprattutto in pediatria, sono rigidi, e Sofia non stata trasfusa». E allora?

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