I vertici dell'Olivetti sapevano. Avevano compreso la pericolosità dell'amianto. E proprio per questa ragione nel 1984 saltò l'acquisto dell'Eternit, la famigerata fabbrica della morte di Casale Monferrato. La procura generale di Torino gioca anche questa carta, assai suggestiva, nel procedimento d'appello contro Carlo De Benedetti, il fratello Franco, gli altri dirigenti della casa di Ivrea, funestata da un rosario di morti provocate dalla sostanza killer. Per questo nella loro requisitoria, con il processo ormai alle battute finali, i magistrati chiedono in sostanza la conferma delle condanne di primo grado. Il tribunale aveva riconosciuto la colpevolezza dei De Benedetti, dando loro una pena di 5 anni e 2 mesi. Ora, se l'impostazione dell'accusa dovesse essere accolta, ci potrebbe essere una riduzione: due episodi sono caduti in prescrizione e per un capo d'imputazione, che riguarda solo Franco De Benedetti, si chiede l'assoluzione nel merito. Ma l'impianto generale viene confermato e, almeno a sentire la procura generale, la colpevolezza della catena di comando è fuori discussione. Di qui la richiesta di condanna per i De Benedetti e per altri 11 dirigenti, compreso Corrado Passera, già condannato in primo grado a 1 anno e 11 mesi.
L' amianto e il talco hanno provocato anche a Ivrea una sequenza di lutti fra i lavoratori, ma la dirigenza ha sempre sostenuto che negli anni Ottanta la conoscenza scientifica era quella che era e nessuno aveva lanciato l' allarme. Il tribunale di Ivrea non ha creduto alla versione della difesa, ora il sostituto procuratore generale Laura Longo mostra in aula un documento che rafforza la tesi accusatoria. «Si tratta - spiega - di una cartellina rossa intitolata Eternit-dottor Schmidheiny contenente un dossier sulla pericolosità dell'amianto». Il problema è che il faldone porta una data assai pesante: 1984. E in un dibattimento in cui il calendario ha una parte importantissima, il testo potrebbe acquistare un peso specifico rilevante. Superiore a quello avuto in primo grado, quando i giudici non lo presero in considerazione per scrivere la sentenza. «A seguito di un incontro a Zurigo - prosegue Longo - ci fu un carteggio ad ottobre fra Franco De Benedetti e il numero uno di Eternit, Stephan Schmidheiny. La controindicazione all'acquisto fu proprio la pericolosità dell'amianto e non se ne fece nulla. Il dossier è composto da articoli e estratti di medicina del lavoro del 1979-80».
Non basta. «I vertici dell'Olivetti - aggiunge Longo - interpellarono anche Terracini e Magnani, all'epoca due dei massimi esperti della materia.
Il primo si disse dell'opinione che il cemento-amianto favorisse il mesotelioma; il secondo ricordò che negli Usa era stato rimosso il tetto di una scuola per la presenza di fibre del minerale». Insomma, nel 1984 gli studiosi più avveduti puntavano già il dito contro il killer silenzioso. Ma a Ivrea tutto andò' avanti come prima.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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