Alla tensione già estrema tra Russia e Ucraina per lo scontro navale nello stretto di Kerch si aggiunge anche l'approfondimento della frattura religiosa. L'annunciato distacco tra le chiese ortodosse dei due Paesi, che al Cremlino viene visto come fumo negli occhi, sarebbe ormai imminente anche nei fatti. Lo ha annunciato ieri il patriarcato greco ortodosso di Istanbul, dichiarando che la chiesa di Kiev «è a un passo dall'indipendenza dalla chiesa russa». E questo perché il richiamo all'obbedienza al patriarca greco Bartolomeo per la chiesa ortodossa ucraina sottintende la fine dell'obbedienza a quello di Mosca Kirill.
I russi considerano il gesto di indipendenza degli ucraini in campo religioso una inaccettabile provocazione, perché essa deriva da una richiesta degli stessi fedeli di quattro anni fa per protestare contro l'intervento russo nel Donbass ucraino. Ed è di ieri la notizia che l'Sbu (i servizi segreti di Kiev) ha perquisito la residenza del responsabile del più importante monastero ortodosso di Kiev, legato al Patriarcato di Mosca: padre Pavel è indagato per «incitamento all'odio religioso», oltre che per «violazione dell'uguaglianza dei cittadini».
Indipendentemente da tutto ciò, non si intravedono segnali di abbassamento della tensione tra Mosca e Kiev. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha lanciato un'allusione pesante, richiamando al rischio che la legge marziale proclamata dal Parlamento ucraino su richiesta del presidente Petro Poroshenko «possa far inghiottire l'intera Ucraina da una guerra civile». Per la diplomatica moscovita, quella di meglio di difendere il Paese da un'aggressione russa altro non sarebbe che una scusa per «restringere i diritti umani e le libertà fondamentali, tra cui libertà di parola, assemblea e movimento» nell'intera Ucraina. Le autorità di Kiev - ha sottolineato la Zakharova in quello che sembra più che altro un avvertimento alla parte russofona della popolazione dell'Ucraina - ora possono prendere tutto ciò che vogliono dalla popolazione, dalla proprietà privata ai documenti di identificazione».
Neppure da parte ucraina si registrano segnali incoraggianti. Il capo del servizio di frontiera statale ha annunciato che non sarà consentito l'ingresso nel Paese a cittadini russi di sesso maschile tra i 16 e i 60 anni di età: il timore è che tra loro possano celarsi dei militari «intenzionati ad attuare in Ucraina le operazioni che avevano già pianificato nel 2014».
Anche dall'Occidente continuano a non arrivare segni di volontà compromissoria.
Anzi: il G7 ha ribadito che non riconoscerà mai l'annessione russa della Crimea, mentre in segno di sostegno all'Ucraina contro l'aggressione russa la Commissione Europea ha sbloccato altri 500 milioni di finanziamento nell'ambito di un nuovo programma di assistenza macrofinanziaria.RFab
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