Mosca minaccia col "Geran-2": autonomia di 2mila chilometri (ma troppi Stati da attraversare)

Questo drone ha una carica bellica di 40 chili di esplosivo e un'autonomia massima - stimata - compresa tra i 1.800 e i 2mila chilometri

Mosca minaccia col "Geran-2": autonomia di 2mila chilometri (ma troppi Stati da attraversare)
00:00 00:00

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, commentando recentemente l'ennesimo attacco di droni russi, ha affermato che "l'Italia potrebbe essere la prossima". Le parole di Zelensky ci permettono di fare una riflessione sulla possibilità di un attacco russo diretto al territorio italiano utilizzando UAV (Unmanned Air Vehicle) one way, ovvero droni dotati di carica esplosiva.

Sarebbe davvero possibile un evento del genere? Consideriamo dapprima gli strumenti: l'esercito russo per condurre un attacco simile impiegherebbe lo UAV "Geran-2", versione localmente prodotta e aggiornata dell'iraniano "Shahed-136". Questo drone ha una carica bellica di 40 chili di esplosivo e un'autonomia massima - stimata - compresa tra i 1.800 e i 2mila chilometri. La sua quota di volo può variare dai 60 ai 4mila metri e il suo motore lo spinge a una velocità massima di 180 km/h per un tempo di volo massimo di circa 12 ore. Stante questi dati, e considerando che la distanza minima del territorio nazionale da quello della Federazione russa è di circa 1.300 chilometri in linea retta (dalla Crimea alla Puglia), sarebbe effettivamente possibile. La stessa distanza aumenterebbe a circa 1.500 chilometri dalla regione russa di Bryansk al Friuli, e scenderebbe a circa mille dalla Bielorussia ai nostri confini nordorientali. Considerando che il drone non volerebbe in linea retta, e dovrebbe oltrepassare barriere naturali rappresentate da montagne di altezza non indifferente, l'autonomia richiesta per raggiungere il territorio nazionale aumenterebbe portandosi al limite del presunto raggio operativo.

Sulla carta sarebbe quindi possibile, ammesso che lungo il fronte orientale della Nato non ci fosse alcun tipo di dispositivo di difesa aerea, peraltro già in elevatissima prontezza operativa dopo lo sconfinamento in Polonia dei droni esca russi avvenuto tra il 9 settembre. L'Alleanza ha aumentato il suo livello di sorveglianza spostando assetti lungo tutto il suo confine orientale, comprese batterie di missili da difesa aerea e relativi radar, capaci di scoprire bersagli in volo. Inoltre, un drone che dovesse partire dal territorio della Federazione russa dovrebbe attraversare lo spazio aereo di almeno due Paesi della Nato (Polonia, Repubblica Ceca o Slovacchia) da nord e di almeno uno, la Bulgaria, più quello di alcuni Paesi balcanici (come l'Albania) da sud. L'eventualità che questo avvenga senza che le difese aree dei rispettivi Paesi vengano attivate è davvero molto remota, per non dire improbabile, soprattutto in questa particolare situazione internazionale.

C'è stato però un precedente: il 10 marzo del 2022, quindi a pochi giorni dallo scoppio della guerra in Ucraina, un drone di fabbricazione russa Tupolev Tu-141, relitto del periodo sovietico, è precipitato in Croazia dopo aver attraversato indisturbato i cieli di Romania e Ungheria.

A oggi non sappiamo chi ha operato quel drone che ha attraversato i cieli della Nato, in quanto i Paesi coinvolti hanno posto il segreto di Stato. Ovviamente, oggi la situazione è molto diversa rispetto al marzo 2022, soprattutto dopo gli eventi in Polonia.

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica