Gaia Cesare
La vista compromessa, l'incapacità di parlare, il corpo che non risponde più agli impulsi cerebrali. Un altro avvelenamento sospetto chiama in causa il governo di Mosca dopo che Pyotr Verzilov, marito di Nadezhda Tolokonnikova, attivista anti-Putin e anche lui componente del collettivo punk rock Pussy Riot, che denuncia le derive del governo di Mosca, è stato ricoverato in gravi condizioni nel reparto Tossicologia di un ospedale della capitale russa. Verzilov, che è anche editore del sito di notizie indipendente Mediazona, era finito sotto i riflettori internazionali dopo aver invaso il campo del Luzhniki di Mosca, davanti a 81mila spettatori, durante la finale Francia-Croazia dei Mondiali di calcio Russia 2018 con altri tre esponenti del Pussy Riot, per protestare contro la violazione dei diritti umani in Russia. Era stato trascinato via con forza dallo stadio e poi condannato alla pena massima, 15 giorni di carcere. La moglie Tolokonnikova, che nel 2013 avviò uno sciopero della fame mentre era in carcere in Siberia, denunciando «le condizioni da gulag» in cui era detenuta (turni di 16-17 ore di lavoro ogni giorno, 24 ore di pausa ogni sei settimane, botte e punizioni come il divieto di andare in bagno per una giornata) avverte che il marito «potrebbe essere stato avvelenato» con un farmaco simile all'atropina, che a dosi elevate blocca il sistema nervoso e provoca allucinazioni e paralisi.
È successo tutto martedì, subito dopo un'udienza per un processo a un'altra attivista delle Pussy Riot, Veronika Nikulshina. «Ha perso prima la vista, poi la parola, poi l'uso delle gambe» ha raccontato la moglie Tolokonnikova a Meduza, giornale on-line in lingua russa. Le sue condizioni restano gravi.
La notizia del presunto avvelenamento di Verzilov, che ha la doppia cittadinanza russa e canadese (e per il quale, non a caso, si è detto «preoccupato» anche il premier canadese Justin Trudeau) getta nuove ombre sul governo di Mosca mentre tra le cancellerie occidentali e la Russia è in corso uno scontro diplomatico durissimo dopo l'avvelenamento dell'ex spia russa Sergej Skripal e della figlia Yulia a Salisbury, in Gran Bretagna. Giovedì il governo di Londra ha definito «un insulto all'intelligenza del pubblico» le frasi con cui i due russi sospettati dagli inquirenti britannici di aver avvelenato con l'agente nervino novichok l'ex spia a marzo, in un'intervista concessa alla tv di Stato russa RT hanno raccontato di essere solo turisti al centro di una «fantasiosa coincidenza». «I nostri amici da tempo ci suggerivano di visitare questa splendida città. Volevamo vedere la Cattedrale di Salisbury», hanno riferito Ruslan Boshirov e Alexander Petrov alla giornalista Margarita Simonyan, che è anche caporedattrice di Sputnik, l'agenzia di stampa controllata dal Cremlino. Una versione considerata insostenibile dal governo inglese, convinto che i due siano membri del Gru, il servizio segreto militare russo, e derisa sui social per i riferimenti alla cattedrale che sembrano tratti dall'enciclopedia on-line Wikipedia.
Intanto, in queste ore, il giornale svizzero Tages-Anzeiger riferisce che in primavera il
governo olandese ha espulso due sospette spie russe accusate di aver tentato di hackerare il laboratorio chimico di Spiez, vicino a Berna, dove sono stati analizzati i campioni di novichok usati nell'attacco di Salisbury.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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