La mossa "disperata" di Zelensky (dopo i Baltici). Via dalla convenzione contro le mine anti-uomo

Kiev si mette alla pari di Mosca, che non ha aderito ed è senza restrizioni. Pesa la difficoltà di ottenere dagli alleati dispositivi difensivi avanzati

La mossa "disperata" di Zelensky (dopo i Baltici). Via dalla convenzione contro le mine anti-uomo
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Non siamo ancora all'ammonimento di Albert Einstein sulle guerre post-atomiche combattute a colpi di pietra, ma il segnale è inequivocabile. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un decreto per rendere effettiva la decisione di ritirare il suo Paese dalla Convenzione di Ottawa, il trattato internazionale che proibisce non solo l'impiego, ma anche lo stoccaggio e la produzione di mine anti-uomo. E qui non si tratta una volta di più, nel caso dell'Ucraina selvaggiamente aggredita dalla Russia di una libera scelta che va in direzione dell'inciviltà, bensì di una discesa obbligata degli standard per far fronte all'inciviltà del tuo aggressore.

Fin dall'inizio (ormai più di 40 mesi fa) dell'invasione russa dell'Ucraina come ha ricordato un alto ufficiale dell'intelligence di Kiev la Russia, che alla Convenzione di Ottawa non ha mai aderito, ha fatto un uso indiscriminato e su larga scala di mine contro militari e civili ucraini. In particolare, ritirandosi da territori che aveva inizialmente occupato nel Nord e nell'Est dell'Ucraina, i russi hanno lasciato dietro di loro una quantità di mine impressionante, parte di una cinica strategia purtroppo coronata da successo volta a rendere pressoché impossibile la controffensiva verso est che due estati fa l'armata ucraina aveva pianificato per liberare dall'occupante territori ancora più vasti.

È la realtà della guerra che ci obbliga a questo spiegano i vertici dell'Sbu -, dal momento che combattiamo contro un nemico che non ha restrizioni. A questa considerazione va però aggiunto che nella decisione di Zelensky che per diventare operativa dovrà essere ratificata dal Parlamento di Kiev pesa la cronica insufficienza di adeguati armamenti difensivi da parte degli alleati occidentali. Semplificando all'estremo, se vengono centellinati gli strumenti per combattere una guerra moderna, gli scrupoli a ricorrere alle armi dei poveri vengono meno.

L'elemento principale che spiega tali scelte, tuttavia, rimane la natura dell'aggressore. Un regime come quello di Putin, che è ricorso a ogni tipo di menzogna per giustificare l'invasione di un Paese libero, il cui leader non fa mistero di rimpiangere il defunto impero russo nell'Europa orientale fondato sulla violenza e sulla coercizione, che ha progressivamente costruito in patria una dittatura e un'economia di guerra a scopo di aggressione dei suoi vicini e che per raggiungere i suoi obiettivi si è alleato con i peggiori ceffi sulla scena mondiale, dev'essere giustamente temuto e contenuto. Non è dunque difficile comprendere perché siano proprio i Paesi europei che confinano con la Russia e con la sua vassalla Bielorussia a spingere con la maggior convinzione per un riarmo difensivo a livello Nato.

Ma anche a compiere passi che non avrebbero mai voluto compiere per proteggere i confini nazionali: prima dell'Ucraina, già la Polonia, la Lettonia, l'Estonia e la Finlandia avevano abbandonato il trattato internazionale sulle mine anti uomo.

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