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Mosul verso la resa, è guerra nella «capitale» dell'Isis

Le truppe irachene annunciano: «Stiamo per entrare in città». Il rischio degli scudi umani

L e truppe irachene sono alle porte di Mosul. «Siamo entrati in città», ha annunciato ieri il generale Wissam Araji. Le unità antiterrorismo specializzate nei combattimenti in zona urbana stanno combattendo a 800 metri da Karama, un sobborgo della «capitale» irachena del Califfo. Dopo due settimane di aspri scontri per stingere il cerchio attorno a Mosul, la nuova avanzata è scattata ieri alle 6.30 del mattino. L'attacco principale, che ha permesso ai soldati iracheni di avvicinarsi alla grande città in mano allo Stato islamico dal 2014, è partito da Est. Il convoglio delle forze speciali antiterrorismo con l'appoggio aereo alleato è riuscito ad avanzare lungo la strada principale che da Bartella, villaggio cristiano liberato nei giorni scorsi, arriva alla porta orientale di Mosul. Gli scontri più aspri sono scoppiati a Gogjali, otto chilometri ad est della città. «Le forze antiterrorismo hanno liberato tre aziende di costruzione e dei silos», ha dichiarato il generale Maan al Saadi, comandante della seconda divisione dei corpi speciali. L'ufficiale ha aggiunto che «le forze di sicurezza hanno inflitto a Daesh (acronimo in arabo di Stato islamico) un gran numero di perdite umane e materiali e distrutto un certo numero di veicoli contenenti esplosivo». I cosiddetti «mostri» corazzati artigianalmente con kamikaze al volante, che hanno l'obiettivo di fermare l'avanzata facendosi saltare in aria col tritolo.

Gogjali si trova di fronte al sobborgo di Karama, all'esterno della cerchia urbana di Mosul. Nel pomeriggio di ieri era arrivato l'annuncio bomba che le «truppe irachene sono entrate a Mosul», ma in realtà i sobborghi sono sotto bombardamento e l'offensiva di ieri mira a stringere l'assedio prima dell'avanzata in città. Lo Stato islamico ha dovuto ritirarsi anche da Bazwaya, un altro villaggio sul fronte orientale. La zona industriale dove si combatte è a un solo chilometro dalla periferia. L'offensIva ha coinvolto pure il fronte meridionale e occidentale. Nell'assedio sono impegnati 50mila uomini compresi i Peshmerga curdi addestrati dai soldati italiani, le milizie sciite ed i volontari sunniti anti Isis. La nona divisione dell'esercito iracheno si è spinta fino al villaggio di Ellag.

A Ovest, le Forze di mobilitazione popolare sciite, che non vanno per il sottile stanno cercando di isolare completamente la città puntando sull'autostrada che la collega a Tal Afar, un'altra roccaforte delle bandiere nere sorvegliata dall'aria dai nostri droni, che decollano dal Kuwait. Poco più a nord si trova la diga di Mosul presidiata da 450 soldati italiani. L'obiettivo delle milizie sciite è tagliare il collegamento verso ovest con Raqqa, la «capitale» siriana dell'Isis.

Il primo ministro iracheno, Haider al-Abadi, ha annunciato ieri riferendosi ai miliziani dello Stato islamico: «Non hanno vie di fuga. O si arrendono o moriranno». L'impressione è che i 5mila pretoriani della guerra santa, in gran parte stranieri, che tengono in pugno la città con un esercito di reclute spesso forzate, si stiano ritirando per arroccarsi nella zona urbana utilizzando la popolazione (1,5 milioni di abitanti) come scudo umano. E potrebbero avere in serbo la sorpresa dei gas. «Più ci avviciniamo alla periferia e maggiore è la resistenza di Daesh. Non sarà un picnic», raccontano i combattenti sul terreno. La battaglia potrebbe durare settimane o mesi. Prima delle elezioni Usa dell'8 novembre si punta alla spallata per stringere l'assedio riuscendo magari a penetrare nelle prime case di Mosul. Gli irriducibili del Califfo comandati da veterani ceceni sono decisi a vendere cara la pelle e applicano un'indiscriminata decimazione. I tagliagole avrebbero «massacrato 300 civili a Nord di Mosul, accusandoli di aver collaborato con le forze nemiche». Lo dice un esponente del Consiglio di Ninive, la provincia attorno a Mosul, Hossam al-Din al-Abbar citato dai media iracheni.

«I plotoni di esecuzione hanno fatto strage nel villaggio di Moshairefa», denuncia al-Abbar.

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