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Mps, indagati i tre pm del caso David Rossi: altre ombre sul sistema

Dopo dieci anni l'invito a comparire per "falso ideologico". Dubbi sulle manomissioni

Mps, indagati i tre pm del caso David Rossi: altre ombre sul sistema

Sono passati quasi dieci anni e quella morte è sempre un mistero italiano, ma adesso sul banco degli imputati finisce anche l'inchiesta della procura di Siena. I tre pm dell'epoca - Aldo Natalini, Nicola Marini e Antonino Nastasi - hanno ricevuto un invito a comparire per falso ideologico.

La magistratura genovese vuole chiarire una volta per tutte cosa accadde la sera del 6 marzo 2013, subito il suicidio, se di questo si è trattato, del manager del Monte dei Paschi di Siena, e poi, più tardi, in un secondo accesso.

Nel primo blitz i pm avrebbero fatto irruzione sulla scena del crimine prima che questa venisse filmata dagli agenti della Scientifica. Forse, toccarono e spostarono anche oggetti, in spregio a qualunque regola investigativa, e un comportamento anomalo avrebbe segnato anche la perquisizione successiva, senza mettere nulla a verbale e senza specificare che i pm erano accompagnati dalla polizia giudiziaria.

Era stato il colonnello Pasquale Aglieco a squarciare il velo davanti alla Commissione d'inchiesta parlamentare. Aglieco aveva raccontato che i tre si sarebbero resi protagonisti di una serie di episodi a dir poco stravaganti: sarebbero entrati nello studio, avrebbero toccato il computer e raccolto dal cestino alcuni fazzolettini sporchi di sangue, poi avrebbero chiuso la finestra e Nastasi avrebbe addirittura risposto al telefonino del manager, raggiunto da una chiamata di Daniela Santanchè.

Tutto, secondo Aglieco, senza usare i guanti e dunque compromettendo il set della tragedia. Rossi era precipitato nel vicolo sottostante, ma quell'intervento maldestro ha complicato un giallo che già si prestava a mille suggestioni e interpretazioni. Le inchieste precedenti, non una ma due, si sono chiuse confermando l'ipotesi più semplice: Rossi, nel turbinio del disastro di Mps, si buttó dalla finestra di Rocca Salimbeni e la fece finita. Ma naturalmente proprio quel pasticcio inguardabile spegne la speranza di arrivare a una conclusione certa. E lascia spazio a tesi complottistiche e a trame che mescolano realtà e fiction.

«La procura di Genova - twitta Matteo Renzi - apre un'inchiesta sui pm del caso Rossi. Dopo 10 anni. Ma per un garantista questo non è il punto. Chi ha fatto quelle indagini a Siena si deve solo vergognare». Un pensiero che Renzi spiega nell'edizione aggiornata de il Mostro, il libro che descrive le vicissitudini giudiziarie dell'ex premier e diventa un atto d'accusa contro la magistratura fiorentina, compreso Nastasi che da Siena si era appunto trasferito nel capoluogo toscano e aveva incrociato sulla sua strada il fondatore di Italia viva.

Può sembrare incredibile ma le contaminazioni, spesso per sciatteria condita con arroganza, sono una delle disgrazie del nostro sistema. Errori gravi e ripetuti, commessi da agenti improvvisati o peggio da toghe malate di protagonismo. E i risultati processuali più di una volta portano a galla in modo sconfortante questo deficit.

A Siena saremmo davanti a una serie di atti gratuiti che lasciano allibiti: quel che ha detto Aglieco è stato in parte smentito e per i tre pm non era presente nella stanza di Rossi, ma le deposizioni di altri due agenti hanno fatto emergere alcune irregolarità che ora vengono contestate ai magistrati. Non basta.

«Ci aspettiamo - fa sapere l'avvocato Carmelo Miceli, legale della vedova e della figlia di Rossi - la riapertura delle indagini su quanto accaduto la notte del 6 marzo 2013 e in particolare su chi e come ha provocato su Rossi, ancora in vita, quelle lesioni che la Commissione ha certificato come incompatibili con l'ipotesi suicidiaria».

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