«Fateci aprire il computer del senatore Siri», chiedono i pm milanesi a Palazzo Madama. Stessa Procura, stesso partito nel mirino: dagli uffici giudiziari milanesi parte nel giro di una manciata di giorni una seconda bordata contro la Lega, sui cui affari paralleli si sta concentrando l'attenzione del procuratore Francesco Greco e dei suoi pm. All'inchiesta su Gianluca Savoini, emissario di Matteo Salvini in Russia, e sui suoi rapporti col business del petrolio, si aggiunge ora una indagine che ha per indagato il primo esponente governativo del Carroccio travolto da uno scandalo: Armando Siri, senatore, che ha dovuto lasciare la carica di sottosegretario perché coinvolto nell'inchiesta sulla lobby dell'eolico.
Ieri si apprende che Siri è indagato anche a Milano, che un suo pc è stato sequestrato alla sua presenza e la Procura chiede al Senato il via libera indispensabile per aprirlo. E se nell'indagine romana il suo nome compare di rimbalzo, indicato in alcune intercettazioni come il contatto destinato a aprire la strada ai progetti della cosca in cambio di 30mila euro, nella nuova inchiesta milanese il suo ruolo è assolutamente centrale. Siri è accusato di autoriciclaggio per avere incassato due finanziamenti dalla Banca Agricola di San Marino, uno dei quali utilizzato per comprare un immobile a Bresso, alle porte di Milano. Si tratterebbe di finanziamenti anomali, perché sostenuti da garanzie del tutto insufficienti. L'anomalia sia del primo che del secondo mutuo, per un importo di circa 585mila e 600 mila euro, è stata segnalata dalle stesse autorità di vigilanza sanmarinesi. Ora i vertici della banca che hanno disposto l'accoglimento della richiesta di mutuo sono accusati di amministrazione infedele: è questo il reato «a monte» dell'ipotesi di autoriciclaggio che viene contestata a Siri. «Il mutuo concesso a Siri nell'ottobre 2018 per l'acquisto di un edificio a Bresso è del tutto regolare», sostiene Fabio Pinelli, legale del leghista.
Che qualcosa stesse per accadere lo si era intuito già l'altro ieri, quando la Guardia di finanza era andata a perquisire la SpazioPin di Siri e una società di nome TF Holding, destinataria formale del secondo mutuo. Una società dall'oggetto sociale vago e dal profilo non alto: la sua principale attività risulta essere la gestione di un punto ristoro nel mezzanino della metropolitana di Rogoredo, a pochi passi dal boschetto della droga. Come fa la Tf a ottenere un finanziamento così rilevante? Secondo la Procura a risultare decisivi sono i legami della società con Siri, che la banca di San Marino puntava a ingraziarsi, non si capisce bene a che fine, nella sua funzione di sottosegretario. Tanto che presentare all'istituto di credito gli amministratori della società è Marco Luca Perini, il capo della segreteria del senatore Siri.
Non c'è, neanche nella ipotesi della Procura, una contropartita di Siri alla banca; il mutuo sarebbe servito solo a tenersi genericamente buono l'esponente leghista. E l'accusa di autoriciclaggio scatta a fronte del tentativo di Siri di fare sparire le tracce dei soldi investendoli nell'immobile di Bresso. Una quota dell'appartamento sarebbe stata intestata direttamente a Perini, il capostaff di Siri: il cui nome è finito anch'esso per questo motivo nel registro degli indagati con la medesima accusa del suo capo.
A condurre l'indagine sono gli stessi pm che indagano su Savoini.
Non vuol dire che si sia un collegamento tra le due vicende: semplicemente tanto la prima che la seconda inchiesta ricadono sotto la competenza del pool che si occupa di reati finanziari transnazionali. Ma certamente fa un certo effetto notare che a fornire materiale di inchiesta a questo pool sia in entrambi i casi la Lega, attraverso suoi esponenti ufficiali (Siri) o faccendieri di contorno (Savoini).
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