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Myanmar, ecco la (inutile) offensiva della Ue. E il regime militare se la prende con i media

Bruxelles congela i beni di undici leader. Che guadagnano con la droga...

Myanmar, ecco la (inutile) offensiva della Ue. E il regime militare se la prende con i media

Mentre polizia ed esercito continuano a macchiare di sangue le strade del Myanmar, l'Ue ha annunciato sanzioni per undici persone responsabili del colpo di Stato militare del primo febbraio. Dieci sono ufficiali del più alto rango del Tatmadaw - le forze armate - tra i quali l'attuale comandante in capo Min Aung Hlaing e il suo vice, Soe Win. L'undicesima persona è invece il nuovo presidente della commissione elettorale del Paese. Le disposizioni introdotte ieri e affiancate dalla sospensione dell'assistenza finanziaria e al congelamento di tutti gli aiuti agli organi statali, «rappresentano la vigorosa risposta dell'Ue alla destituzione illegittima del governo democraticamente eletto e alla brutale repressione dei manifestanti pacifici da parte della giunta», si legge nella nota del Consiglio europeo.

Le sanzioni, però, potrebbero servire a poco. «La ricchezza dei generali è protetta e in gran parte non influenzata», spiega al Giornale Zachary Abuza, docente al National War College di Washington ed esperto di Sud-Est asiatico. «Molti degli introiti dei leader militari sono legati all'estrazione delle risorse naturali e a parte del guadagno che arriva dal commercio di metanfetamine». Il Myanmar è il più grande produttore di droghe sintetiche al mondo e il secondo di eroina dopo l'Afghanistan. Un business illegale che vale oltre 40 miliardi di dollari e che, secondo numerose organizzazioni, sarebbe anche sotto il controllo del Tatmadaw.

Non si ferma la repressione contro i media. L'esercito ha revocato le licenze a diverse testate indipendenti e fino a ora sono stati arrestati oltre 40 giornalisti. Alcuni di loro sono stati accusati di «istigazione» - grazie alla legge 505 del codice penale - e rischiano fino a tre anni di reclusione. Ieri è stato rilasciato Aung Thura, reporter birmano della Bbc. Non si avevano sue notizie da venerdì, quando uomini in borghese lo avevano prelevato mentre realizzava un servizio fuori dal tribunale di Dekkhina a Naypyitaw. Insieme a lui c'era Than Htike Aung - ancora recluso -, un giornalista che lavora per Mizzima, una delle emittenti locali a cui i militari hanno tolto l'autorizzazione all'inizio del mese. La moglie di Thura ha raccontato a Myanmar Now che suo marito è stato torturato e tenuto sveglio per tutti i giorni di detenzione. Sempre ieri è stato rilasciato anche il fotoreporter polacco Robert Bociaga, che collabora con un'agenzia di stampa tedesca, arrestato l'11 marzo a Taunggyi, la capitale dello Stato Shan. Ora dovrà lasciare il Paese. «Stava fotografando le proteste quando è arrivata la polizia e ha iniziato a picchiarlo - racconta una nostra fonte che ha assistito alle violenze -.

Mentre lo portavano via aveva del sangue sul volto».

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