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Myanmar sull'orlo della guerra civile. E la giunta caccia l'ambasciatore a Londra

Oltre 600 vittime. Via il diplomatico che chiedeva la liberazione di Suu Kyi

Myanmar sull'orlo della guerra civile. E la giunta caccia l'ambasciatore a Londra

Bangkok In Myanmar il rischio di una guerra civile è alle porte. Ieri gli abitanti di Taze, una cittadina nella regione di Sagaing, si sono difesi dagli attacchi dell'esercito con fucili da caccia, machete e molotov. Due giorni fa, nella vicina Kale, la popolazione ha fatto la stessa cosa. I militari sono arrivati in gran numero e hanno iniziato a sparare e a lanciare granate contro i manifestanti, che a loro volta hanno tentato di rispondere con armi rudimentali. «Ci sono molti cacciatori nella zona», ha spiegato Hein Min Hteik, un residente dell'area. «Si sono uniti per proteggere la gente del posto attaccata dagli uomini dell'esercito».

La battaglia di ieri ha causato la morte di una quindicina di persone, facendo salire le vittime accertate dall'inizio della sanguinosa repressione della giunta al potere dopo il colpo di Stato del 1° febbraio a oltre 600. Ma potrebbero essere molte di più. Diverse persone sono sparite nel nulla dopo essere state arrestate dalle forze di sicurezza. Nelle zone etniche continuano i combattimenti tra il Tatmadaw l'esercito birmano e i gruppi armati che nei giorni scorsi hanno appoggiato i manifestanti.

«Un numero indefinibile di persone ha lasciato Yangon per arruolarsi con gruppi armati etnici, alimentando così i rischi di una guerra civile che sembra sempre più inevitabile», spiega al Giornale Ranieri Sabatucci, ambasciatore dell'Unione Europea in Myanmar. L'intento sarebbe di ricevere un addestramento adeguato per tornare nelle proprie città e ingrandire il campo di battaglia. Secondo il diplomatico, la soluzione è nelle mani di Cina e Thailandia. «Questi due Paesi, che hanno una grande influenza e tanto da perdere se la situazione si aggravasse, dovrebbero spingere il regime a fermare la repressione violenta e far intraprendere un negoziato con i leader del movimento di disobbedienza civile, che include tutti i settori della società birmana».

Nel braccio di ferro fra potenze sul caso Myanmar si inserisce anche la storia dell'ambasciatore del Paese asiatico a Londra, Kyaw Zwar Minn. Mercoledì il rappresentante diplomatico è stato lasciato in mezzo alla strada dopo aver chiesto il rilascio della leader birmana Aung San Suu Kyi. In sostanza gli è stato negato il rientro nella sede diplomatica. Il Regno Unito è stato costretto a confermare di non poter più riconoscere l'accreditamento dell'ambasciatore del Myanmar a Londra, dopo che la giunta militare al potere a Naypyidaw ha emesso una notifica formale che ne annuncia la rimozione dall'incarico. Rimosso dall'incarico per il sostegno espresso nei confronti del governo deposto dal golpe militare.

E ieri Londra, fortemente indispettita per l'accaduto, ha denunciato il «bullismo» e l'atteggiamento «intimidatorio» delle autorità birmane, alla luce dello «sfratto» del diplomatico.

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