Né lavoro né futuro: Renzi col guaio degli over 50

Eppure, a grattar bene la superficie delle cose, la vera tragedia sociale forse si annida (...)

(...)soprattutto altrove, tra gli over 50 messi sulla strada dalla perdurante crisi economica e istituzionale del nostro paese. Forse non a tutti è noto ma in Italia vi è un esercito di 438mila disoccupati troppo giovani per la pensione e troppo vecchi per essere reinseriti sul mercato. Un esercito di zombie che vivono senza sapere da che parte volgere il proprio sguardo e i propri sforzi di sopravvivenza.
Che sia questa la vera emergenza è agevole comprenderlo se si considerano due importanti aspetti: mentre per i giovani disoccupati è comunque possibile ipotizzare in prospettiva un inserimento (anche a termine) nel mercato del lavoro, ricollocare un over 50 è ben più difficile (a partire dalla sua riqualificazione); inoltre, mentre ai giovani è data comunque la possibilità (triste, ma pur sempre concepibile) di usufruire del sostegno della famiglia (genitori, nonni, germani) per gli over 50 il dramma è infinitamente maggiore, essendo questi ultimi non solo impossibilitati a ricorrere al supporto familiare ma soprattutto perché essi stessi hanno spesso una famiglia a proprio carico. Cioè a dire che alla disperazione per la mancanza di lavoro per essi si affianca il rischio forse maggiore per un essere umano, la perdita di dignità e del rispetto dei propri familiari. Gela il sangue dirlo, ma forse non è un caso se, secondo l'Istat, la classe di età con maggiore propensione al suicidio è quella più anziana (età superiore ai 45 anni) e con livello di istruzione più basso. È infatti proprio quest'ultimo il profilo prevalente del disoccupato non più giovane che emerge dalle analisi del centro studi Adapt, poiché quasi il 60% della crescita dei disoccupati uomini ultra 50enni è alimentata dai lavori a limitata qualificazione (costruzioni e industria manifatturiera).
La ricerca di una nuova occupazione per un ultra cinquantenne può durare in media, nei casi in cui si conclude con successo, anche più di 2 anni, 27 mesi per l'esattezza. Un'eternità per chi nel frattempo deve sfamare se stesso e una famiglia intera. Mai come in questo caso intristisce pensare alla metafora del pollo di Trilussa che caratterizza i limiti di tutte le statistiche. Cosa ne è stato infatti di coloro i quali hanno contribuito ad aumentare questa durata media? Sono scomparsi dai radar degli osservatori? Oppure forse è difficile censirli perché sono coloro che, sempre più sostituendosi agli immigrati, affollano le code dei centri assistenza bisognosi delle nostre città?
Ci sono pochi soldi pubblici a disposizione, è noto a tutti. Caro presidente del Consiglio, cerchi di utilizzarli impiegando gli ammortizzatori sociali soprattutto a vantaggio di coloro i quali li utilizzeranno non solo per sé, ma anche per il mantenimento dei propri cari. E se proprio le casse piangono, lasci libere le persone di transitare verso la pensione nel modo che meglio preferiscono, eliminando loro le pastoie contrattuali, sindacali e amministrative che impediscono la ricerca di un nuovo posto di lavoro perché create solo per tutelare quelli che il lavoro ce l'hanno già. Lo Stato si limiti a svolgere una funzione notarile sugli accordi che impresa e lavoratore liberamente decidono di raggiungere, e smetta una volta per tutte i panni dell'intermediario o ancor peggio del mediatore, con i risultati risibili citati nel rapporto Adapt. Il problema delle persone che si trovano disoccupate a una certa età non è quello di avere un giorno di ferie in più oppure un migliore scatto stipendiale, ma portare avanti con dignità quel che resta della propria vita lavorativa.

E la dignità gli individui la sanno tutelare molto meglio di quanto non pretenda di fare la mano dello Stato. Se solo li si pone nelle condizioni di poterlo fare.
Antonio Salvi
*preside facoltà di Economia

università Lum «Jean Monnet»

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