Napolitano minimizza il caos e se la prende coi giornalisti

Re Giorgio attacca: era la giornata dell'inaugurazione, hanno capovolto la realtà. Ma di capovolto c'erano solo le auto in fiamme

Napolitano minimizza il caos e se la prende coi giornalisti

RomaE Re Giorgio minimizza lo scempio di Milano. E dire che Napolitano era proprio lì, a pochi chilometri dalla furia del blocco nero che stava mettendo a ferro e fuoco la città. Forse ha pure sentito gli ululati delle sirene o il puzzo dei fumogeni e delle auto in fiamme; o forse no: occhi, orecchie e naso troppo distratti da battimani, riverenze e incensi nei padiglioni dell'Expo appena partorito. O forse che, non trovando nelle edicole i quotidiani di carta causa festa dei lavoratori del giorno precedente, il nostro ex capo dello Stato non abbia saputo cos'era accaduto attorno a piazza Cadorna? No, no. Ha saputo eccome. Si sarà connesso anche lui a qualsiasi sito internet; avrà fatto zapping anche lui col telecomando in mano; avrà sentito anche lui i resoconti in radio; di certo avrà visto e sentito quello che hanno visto e sentito tutti. A Milano c'è stato il caos.

Per lui no; ma quale caos? Per lui, testuale, venerdì «è stata una giornata bellissima, una magnifica inaugurazione. Una magnifica inaugurazione di questo straordinario Expo». Oibò. Nessuno lo ha avvertito che qualche chilometro più lontano dal tappeto rosso che stava calpestando centinaia di vandali calpestavano la città? Certo che sì ma per l'ex monarca venerdì è stata «la giornata dell'inaugurazione e non quella delle insensate violenze». Peggio: Napolitano se la prende con i media e non con gli sfasciatutto le cui gesta i media sono costrette a raccontare. Fosse stato un direttore di giornale o un caporedattore avrebbe relegato la notizia della devastazione della città a una brevina in cronaca: «Certe volte ci sono giornali o organi di informazione che capovolgono la realtà, perché se si dà tanto spazio alla zona in cui si sono concentrati incidenti di pura violenza, insensata, si capovolge la realtà».

Ma come capovolgere la realtà? A Milano sono state capovolte e date alle fiamme decine di automobili, quelle sì. A Milano, come accade sempre in manifestazioni analoghe, è stata capovolta la logica: più si è violenti più le forze dell'ordine abbozzano. Sono costrette ad abbozzare perché polizia e carabinieri hanno le mani legate sebbene prudano; perché se anche ne trasferissero a centinaia in questura arriverà il magistrato di turno a premiare il ragazzotto un po' focoso e punire il celerino troppo duro; perché quelli che «i violenti sono una minoranza e hanno rovinato la nostra bella festa» fanno da scudo ai black bloc e sono tanti, una marea dove nuotano i piranha vestiti di nero; perché scelgono il male minore sperando che non ci scappi il morto; perché poi, qualora accadesse, va a finire che il black bloc diventa martire; peggio: diventa un eroe al quale dedicare un'aula del Parlamento come accaduto a Carlo Giuliani, il nostrano Che Guevara di Genova.

Il tutto, naturalmente, con la benedizione di quello stesso Napolitano che, quando nel 2006 si volle rendere imperituro omaggio al gioittino intitolandogli una sala di palazzo Madama, fece come Ponzio Pilato: «Questa scelta rientra nella autonomia di ciascuna componente della rappresentanza parlamentare e della relativa Camera di appartenenza, nel merito della quale il presidente della Repubblica non ha titolo ad intervenire». Si voltò dall'altra. Come ha fatto anche ieri.

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